L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Alice non aveva idea di quanto tempo fosse rimasta seduta al tavolo quando squillò il telefono.Trasalì: il silenzio della casa era stato infranto, e gli anni ricordati si sparpagliarono come topi disturbati rifugiandosi negli angoli della cucina che si andavano oscurando pian piano."
Una relazione su tutto quello che avremmo potuto fare o dire ai nostri cari prima della loro dipartita. I ricordi vegliano la luce della morte materna che si avvicina. Forse sarebbe occorso maggiore calore umano in questa algida, cupa attesa.
Un libro veramente bello, una scittura semplice ma intensa che cattura e commuove nell'autenticità dei sentimenti che toccano corde profonde nel rapporto più ombellicale che ci possa essere e cioè quello fra madre e figlia. Lo consiglio caldamente.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
recensioni di Nadotti, A. L'Indice del 2000, n. 07
Nel giro di pochi anni la scrittrice irlandese Catherine Dunne (nata a Dublino nel 1954) ci ha dato tre romanzi molto riusciti: La metà di niente e La moglie che dorme, usciti in Italia rispettivamente nel 1997 e 1998, cui ora si aggiunge Il viaggio verso casa. Tutti editi da Guanda. I tre romanzi hanno in comune una narrazione classica e una sapiente messa in scena dei giochi di potere nei rapporti affettivi. Al centro di ognuno dei suoi romanzi Dunne colloca un conflitto famigliare, di cui indaga le cause e i risvolti spesso crudeli e distruttivi, descrivendone i protagonisti, non sempre consapevoli, e le vittime, non necessariamente destinate a restare tali. In questa possibilità di rovesciamento, mi pare, sta la sua originalità. Dunne trae evidentemente ispirazione da storie comuni, dalle molte infelicità di una società sempre più frantumata, affettivamente distratta, sentimentalmente pigra qual è quella in cui viviamo. E racconta la solitudine, gli smarrimenti improvvisi, la disgregazione. Ma non si limita a questo, scava nel passato, va in cerca delle energie nascoste, delle risorse interiori che consentono a singoli/e individui/e di ritrovare se stessi e la voglia di vivere, di ricostruire legami.
Un marito può andarsene sbattendo una porta - come faceva Ben in La metà di niente - e sua moglie ritrovarsi a un tratto metà, per l'appunto, di niente. Ma nell'imprevista emergenza, nell'inatteso disagio quotidiano, nell'esplicito faccia a faccia con i figli può riscoprire se stessa, e rendersi conto che c'è stato un guadagno. Addirittura, e forse per tutti, un recupero di vita.
L'ipotesi che possa esserci un "guadagno di vita" in situazioni che si presentano invece come di morte è al centro anche di questo nuovo romanzo. Romanzo di memoria a lieto fine, bello e dolente. Memoria di affetti e inutili lacerazioni che rifiuta di farsi zittire dall'incombere della malattia. Ne sono protagoniste una madre e una figlia, affiancate nel passato come nel presente da robusti comprimari. Tra loro si è insinuato negli anni un silenzio che ha fatto soffrire entrambe, e che la madre - nel momento in cui sente l'aggravarsi della malattia che potrebbe intaccare la sua lucidità - decide di spezzare. E lo fa con uno strumento antico e delicato, un plico segreto di lettere per la figlia (ma ce n'è uno anche per il figlio). Sceglie la parola scritta non per sconfiggere la propria morte, lo sa bene, ma per proteggere i propri ricordi e comunicare la propria storia, ma anche una parte della loro, a figli e nipoti. Sceglie con cura i dettagli, i toni, decide di non tacere nulla: "Quelle erano le sue lettere, i suoi ricordi", ci avrebbe scritto ciò che voleva lei.
E nel ripercorrere la propria vita, Alice, l'anziana autrice delle lettere, la racconta anche a chi legge. Felice artificio letterario con cui Dunne ci pone di fronte alla stessa storia famigliare vista da due generazioni diverse - e se ne affaccia una terza -, facendo scorrere davanti a noi per successivi flashback - le lettere - un passato pieno di vita. Vita che non si spegne quando, tornando al presente, al racconto in terza persona, assistiamo Alice nella sua quieta agonia con gli occhi dei suoi figli, James e Beth. Sappiamo infatti che ora hanno in mano il bandolo di quella intricata matassa che è un'intera esistenza.
Le porte si aprono e si chiudono nella vecchia casa, un vero palcoscenico grazie all'intuizione narrativa della donna che l'ha abitata da sempre, sulla scala che porta al piano di sopra si sente un fruscio di passi destinato a durare, perché i ricordi sono tanti, "Mia carissima Elizabeth, sento di nuovo il bisogno di scriverti, questa volta alla piccola scrivania di quella che era la tua camera. (...) Ultimamente c'è qualcosa, dentro di me, che mi sprona ad affrontare i miei ricordi". A poco a poco scrivere diventa un'abitudine, ai ricordi si mescolano i sogni, il rimpianto per tutto ciò che non ci si è dette lascia il posto alla gioia di parlare finalmente di tutto. E chi legge sa che alla gioia della madre - "Ho l'impressione di avvicinarmi a te sempre di più" - corrisponde la gioia della figlia: "Beth si vide davanti la giornata di cui scriveva la madre. Riusciva quasi a sentirsi di nuovo quella bimba di tre anni (...). Prese la mano di Alice e cominciò a parlarle, alzando a poco a poco la voce, passando dal bisbiglio al tono di una normale conversazione. Chi l'aveva detto che la madre non poteva sentirla?". Le lettere recuperano il tempo delle parole non dette, c'è in esse una straordinaria energia. Comunicando la propria vita, Alice dà memoria e senso di sé a quelli che vengono dopo: "Le lettere avevano cominciato a formare il quadro più completo che Beth avesse mai avuto di se stessa, come figlia, come sorella (...). Nel bene e nel male aveva cominciato a conoscersi, a capire che cosa l'aveva fatta diventare la donna che era".
Arrivata all'ultima pagina del libro, riflettevo ancora una volta sulla straordinaria vitalità della letteratura irlandese, sulla capacità di scrittori e scrittrici di quell'isola di raccontare storie, di individuare quanto di romanzesco c'è in ogni vita comune, e di farne materia narrativa. Disegnando figure a tutto tondo, la cui sola eccezionalità consiste nell'essere individui come tanti/e altri/e, che diventano personaggi in quanto oggetto della particolarissima sensibilità psicologica, sociale e letteraria di quegli scrittori.
Una vecchia casa in mezzo ad un giardino incolto e trascurato, una donna morente sopraffatta dalla malattia, una figlia ribelle che fa i conti con il suo passato, notti di veglia affollate da ricordi, paure, rimpianti. Sono questi i principali ingredienti del nuovo romanzo dell'irlandese Catherine Dunne, che, dopo il fortunato esordio letterario con La metà di niente e una seconda opera intitolata La moglie che dorme, ritorna a stupire per la sua ammirevole capacità di raccontare, con un tocco di elegante e impareggiabile realismo, personaggi, sentimenti e momenti di vita.
Dalle importanti tappe dell'esistenza, agli episodi della quotidianità, ciò che colpisce maggiormente in questo libro è, infatti, la sapiente descrizione del percorso intimo e personale realizzato dai protagonisti. Appassiona il cammino di riconciliazione di Elizabeth che ritrova la madre e se stessa, riuscendo finalmente ad accettarsi, a quarantacinque anni, come figlia, come madre, come donna; affascina la figura di Alice, madre-padrona, energica e inflessibile, che nella vita ha sempre dovuto lottare con tutte le sue forze, prima per allevare da sola due figli piccoli, poi, inerme, contro la vecchiaia, la malattia, la morte. Commuove, infine, il riavvicinamento alle origini e alla famiglia, che si concretizza nella ripresa di un toccante dialogo tra fratello e sorella e culmina nella scelta comune di conservare la casa degli avi.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore