I «viaggiatori d’architettura», cioè coloro che hanno per obiettivo lo studio delle architetture dei paesi visitati, costituiscono una categoria specifica nell’ambito dei viaggiatori colti. Il loro strumento per l’apprendimento e la divulgazione è il disegno: mezzo di espressione primaria, insostituibile, degli architetti. La loro esperienza, pur connessa a quella del viaggio di formazione in senso lato, come il Grand Tour, pur essendo stata come questo caratterizzata da forte carica iniziatica, si connota di valenze e significati originali e raramente resta limitata alla maturazione del singolo viaggiatore. Fino alla metà dell’Ottocento è stata l’Italia la meta privilegiata dei viaggiatori d’architettura, sia individuali sia in formazione istituzionale, come i pensionnaires francesi e i pensionados spagnoli: i primi inseriti in programmi organici di soggiorno all’estero. I momenti salienti di questa avventura sono da tempo oggetto di studio. Il libro dedica attenzione anche a viaggi e protagonisti poco noti in Italia, che invece sono stati dei precursori. Il volume sottolinea gli snodi epocali della vicenda: dai primi viaggi a Roma, per apprendere i canoni dell’architettura classica in età rinascimentale, sulla scia di Brunelleschi, e poi per studiare con gli affermati architetti della città eterna e per conoscere le loro meravigliose opere. Evidenzia come alla metà del Settecento l’Italia e Roma in particolare offrano agli studiosi d’architettura un effervescente e irripetibile ambiente cosmopolita, con personaggi come i francesi Soufflot, Peyre e de Wailly, gli inglesi Chambers, Adam e Soane, gli spagnoli Hermosilla e Villanueva, i tedeschi Gontard, Winckelmann, Du Ry e von Erdmannsdorff, il danese Harsdorff, lo svedese Adelcrantz.Analizza il ruolo fondamentale dei viaggiatori d’architettura nello studiare e fare conoscere le rovine delle antiche Ercolano, Paestum, Pompei e dei templi greci di Sicilia…
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