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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2013
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Il capitolo conclusivo della trilogia di Gormenghast è ambientato lontano dal quel castello che ha riempito le pagine dei due libri precedenti. Questa volta seguiamo Tito in fuga dalle sue responsabilità e alla ricerca di qualcosa, finendo in una città sconosciuta e ricca di nuovi personaggi. Non c'è nessuno di quelli più noti e il lettore, come Tito, si aggrappa ai ricordi e al desiderio di rivedere tutti loro. Non avrei mai immaginato questa svolta quasi fantascientifica, tra macchine volanti, sfere luminose e fabbriche misteriose. Eppure Peake riesce anche questa volta a non esagerare, mantenendosi in controllo della sua fantasia, visionaria sì, ma capace di dare vita ad un mondo bizzarro e verosimile allo stesso tempo. Lo stile, le descrizioni e l'immaginario sono quelli tipici di Peake, che scomparso prematuramente, lascia questo libro, non incompiuto, ma probabilmente diverso da quello che aveva immaginato di consegnare ai lettori. Nonostante tutto è una degna conclusione di una trilogia straordinaria dove Tito è tutti noi, ciascuno con il proprio Gormenghast.
Così come ho amato i due precedenti volumi, così sto facendo fatica a portare a termine questo. Eppure mi avevano avvertita. Eppure di tanto in tanto ritrovo la meraviglia che mi ha incantata nei precedenti volumi.
Gormenghast è, di fatto, una falsa trilogia. Quest'ultimo rispetta poco i canoni dei precedenti e fa quasi una tabula rasa. Lo stile narrativo muta perché lo stesso autore era afflitto da una progressiva demenza. Scorrendo tra le pagine è quasi possibile sfiorare il disagio dell'autore durante questo ultimo periodo della sua esistenza. Non all'altezza dei primi due, ma una lettura comunque intensa.
Recensioni
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