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Il leader del gruppo rock americano Richmond Fontaine, sia nelle canzoni che nei libri riesce a descrivere un senso di isolamento riscontrato nel quotidiano di un' America periferica, triste e marginale ed ha il raro dono di riuscire a trasmetterlo al lettore/ascoltatore.
Willy Vlautin, cantautore e leader del gruppo "americana" dei Richmond Fontaine, splendidi, arriva al secondo lavoro come romanziere, dopo l'eccellente, bellissimo, "The Motel Life", che non finirò mai di raccomandare. Se in "Motel Life" raccontava la fuga disperata di due fratelli, qui, Vlautin, declina il tutto al femminile, nella figura di Allison, ragazza allo sbando, icona perdente che si muove fra le luci dei casinò di Las Vegas, fra le ganasce dei Wallmart e i cimiteri delle sale Bingo, e della sua fuga verso Reno, altro luogo-non luogo dell'epica americana recente, che tra l'altro ha dato i natali allo stesso Vlautin. Attorno a lei si muovono mirabili figure di solitudini americane, bartenders, sciroccati vari, neonazisti e persino un Paul Newman onirico, che appare ad Allison nei momenti di più cupa disperazione. La insegue il puzzo dell'amore che muore e fa male e diventa cattivo, bestiale. Vlautin è sempre più sorprendente, non concede nulla alla retorica, la sua è una scrittura asciutta e implacabile, ci si muove fra Carver e fra il McCarthy meno di frontiera. Willy pare un predestinato, le sue short stories così ben cantate e sceneggiate con i Fontaine, hanno trovato nel romanzo il luogo adatto, la forza giusta, per essere definitivamente raccontate. Un'America malinconica, scaldata e tenuta in vita da personaggi veri, reali, tratteggiati con cura da uno dei migliori scrittori americani emergenti. "Vedi tutto più chiaramente quando ti trovi in mezzo al niente". Altro centro, mr. Vlautin.
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