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Asciugandomi le lacrime, cerco di scrivere quello che mi ha lasciato questo libro: mi sono commossa come da tempo non mi commuovevo davanti a pagine scritte, ho danzato nelle pagine di questo romanzo, mi sono lasciata cullare e mi sono assaporata ogni sentimento e ogni sfaccettatura della vita del personaggio che si racconta.
Nelle pagine iniziali siamo subito davanti alla morte, quella che per tanti è un tabù, che molti cercano di celare dietro alla convinzione che la vita sia di gomma, e che pochi accettano come percorso della vita, ma che dà inizio in questo caso al percorso della vita intera del nostro personaggio. Un personaggio in carne e ossa che ci racconta di lui e della sua famiglia dall’inizio del ‘900 ad oggi, passando dentro quattro generazioni in una Sicilia sublime e in un nord alle prese con la migrazione e lo sviluppo.
C’è una serenità nel racconto, una minuziosa ricerca del vissuto, del tramandare, del combattere e nel credere in una vita migliore di quella che poteva avere in Sicilia dopo la seconda guerra mondiale, la caparbietà di credere in un mestiere e di farlo al meglio fino a farlo diventare una casa di moda, il partire dal niente per costruire un tutto. Famiglie grandi, tanti figli, dove ognuno ha un suo compito ben preciso e ben stabilito, una vita costruita in remoti paesini dove il “tagliare i colletti” e “l’apparire” erano il sale della vita, la speranza di accasare una figlia con un buon partito, ma dove anche in quegli anni tanti erano i segreti, tanti i fardelli da portare, tante erano le volte che gli uomini usavano i bordelli per intrattenersi, ma la famiglia doveva essere sempre unita all’apparenza. I segreti: quello che troviamo in questo libro è un segreto detto e fatto a fin di bene, per salvare, ma che spesso provoca anche dolore.
Mi sono persa in questo racconto fatto di migrazione verso l’America, dove il richiamo della terra natia è più forte, mi sono persa nella migrazione verso Torino dove le prospettive di lavoro erano differenti dal Sud, mi sono persa in questi sentimenti puri della vita di un uomo, un uomo che ha fatto sbagli, che ha sempre messo la vita dei suoi cari davanti alla sua, di quell’uomo che ha insegnato ai suoi figli e ai suoi nipoti che la verità ha il sapore dei gelsi: bisogna saper cogliere il momento perfetto.
Forse anche questa volta il Gelso è stato colto al momento giusto.
Un grazie a Mariapaola e ad Annamaria è dovuto.
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