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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
Finalista al premio Viareggio-Rèpaci 2020, sezione Saggistica
Un ritratto generale, estetico e anche politico. Una nuova immagine di Giuseppe Verdi.
Quando Verdi conseguì il primo importante successo col «Nabucco», il genere di melodramma che s'era imposto era di origine francese, pur se fondato in prevalenza da italiani: il Grand-Opéra. La creazione di tale modello si deve ai sommi Cherubini, Spontini, Rossini; esso viene raccolto da Auber, Meyerbeer, Halévy, Donizetti. Ma Verdi ha una personalità di ferro. Pur influenzato dai predecessori, adotta il modello quale cornice esterna e lo riempie di contenuti stilistici, drammatici e psicologici soltanto suoi. Poi addirittura lo rovescia. Al tipico, al «caratteristico» e al diversivo sostituisce la sintesi, il nesso e la velocità drammatici. Al carattere stereotipo dei personaggi contrappone la irreproducibilità e la ricerca del Vero drammatico: non imitato bensì trasceso per mezzo dell'arte: la sua formula è «inventare il Vero». In ciò la sua creazione è coerente per decennî. Il suo successo lo fece quasi subito desiderare dall'Opéra di Parigi. Il Maestro si concesse di rado a partire dal 1847, ma in francese sono alcuni dei suoi capolavori. Questo libro parte dai rapporti di Verdi con l'Opera francese, la cultura, l'ambiente e la società francesi, per tentare di fare del compositore un ritratto generale, estetico e anche politico: e di molti capolavori in qualche modo connessi con la Francia, a partire dalla «Traviata», fa una distesa narrazione e interpretazione.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Libro importantissimo perché spiega Verdi in quanto Autore sommo di Teatro musicale: altro che Wagner! Unisce parola, musica e scena con la sapienza del contadino Padano che fa innesti. Parigi è sua cassa di risonanza ideale. Questo libro è baluardo in difesa della Civiltà e rasoio affilato e mortale contro la barbarie: arma oggi indispensabile.
Credo che un grande studioso di questioni musicali e operistiche rischi di rimanere confinato in una nicchia ristretta di musicofili e letto da pochi. Questo rischio Paolo Isotta non lo corre. La lettura di questo libro è una avventura deliziosa che ha un unico difetto: mentre siamo lanciati a perdifiato nelle vicende di Verdi, del suo tempo e della sua musica, il libro ci lascia orfani del resto della storia. Vorrei tanto che Paolo Isotta ci raccontasse il resto della vita di Verdi con lo stesso appassionato trasporto che contraddistingue il Verdi a Parigi.
Dal 1813, nascita di Verdi, si tratta di uno dei libri più belli e profondi scritti su di lui. I misteri della psiche dell’uomo e dell’opera vi sono inseguiti come in una galleria sotterranea. Su molti le pagine sono definitive. Ma questo libro ci da solo mezzo Verdi. Se l’Autore avesse la forza di scrivere un secondo volume dedicato al complesso resto delle opere (e sono molte e di prima grandezza) occuperebbe il primo posto tra gli scrittori indaganti sul mistero di Verdi, genio internazionale e insieme italiano come pochi.
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