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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2017
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Sebbene siano i primi romanzi brevi scritti da Murakami, non li avevo ancora letti. Cosa dire? Sebbene poco sviluppati e un pochino acerbi, i temi futuri e i tratti surreali dei romanzi successivi sono già presenti. Entrambi i romanzi mi sono piaciuti molto.
Raccoglie i primi due brevi romanzi di Murakami, che gli hanno permesso di diventare uno scrittore professionista. Non si trova il Murakami maggiore, ma già molti dei suoi temi futuri sono qui. Inoltre sono i primi due romanzi della tetralogia del Ratto, per cui conoscerli aiuta molto il lettore a comprendere a cosa Murakami si riferisca in "Nel segno della pecora" e in "Dance Dance Dance" che chiudono la serie. "Il flipper del '73" mi è piaciuto, ed è già più articolato e meglio scritto di "Ascolta la canzone del vento". Per chi ami approfondire l'opera di Murakami, il libro ha la sua importanza, come bene può capire chi legga "Il mestiere dello scrittore".
Troverete un'anteprima del grande scrittore che diventerà Murakami qualche anno dopo.
Recensioni
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(…) Ascolta la canzone del vento (1979) e Flipper, 1973 (1980) – con cui fece il proprio esordio in Giappone, entrambi a lungo inediti in Europa per volontà dell’autore, sono ora pubblicati per la prima volta in Italia, nello stesso volume. (…) A distanza di anni, l’autore giapponese racconta di aver avuto l’idea di diventare scrittore davanti a un flipper: (…) il matto girovagare di quella pallina rappresenterebbe il disordine del reale, le spinte dell’ambizione, l’intrecciarsi dei destini degli uomini. I due romanzi hanno per protagonista lo stesso giovane che racconta, in Ascolta la canzone del vento, gli anni di università, passati con il miglior amico, detto il Sorcio, a bere birra, leggere libri, chiacchierare (…), inseguire ragazze e poi dimenticarle. In Flipper, 1973, invece, si prosegue con il passaggio al mondo degli adulti, l’apertura di una piccola agenzia di traduzioni e la relazione con due gemelle, sbucate dal nulla direttamente nel letto del narratore, senza nome, senza storia, senza altri desideri che stare con lui.(…) In verità, come si sa, di primi romanzi che raccontano la storia di un giovane che vuole diventare scrittore sono pieni i cestini delle case editrici: li si giudica spesso eccessivi, sovraccarichi privi di equilibrio. Ma, quando riescono, c’è da leccarsi i baffi. Ascolta la canzone del vento più che un romanzo sembra un misto tra un manuale di scrittura e una giustificazione per la debolezza di voler scrivere di sé, con giri di frase, che sono anche meravigliosi aforismi. Poi comincia la storia, e la voce narrante esprime, da una vicenda all’altra, l’ansia di ricomporre l’imperscrutabilità del reale, l’imponderabile fatica di esistere, qui e ora, attraverso la scrittura. (…). Fin dal romanzo d’esordio agisce nella scrittura di Murakami lo stile laconico, senza mai una parola fuori posto, del futuro traduttore di Carver (…). La cifra di questo stile è la malinconia: una malinconia dalle atmosfere fatalistiche di chi non riesce mai a scegliere, si ritrova la vita scorrersi addosso e scopre di avere un destino scritto da altri (…). La risposta di Murakami all’irreversibilità del tempo è lasciarsi andare andare al flusso degli eventi senza pensare di poterlo dirigere, ma collezionando sensazioni insolite, illuminazioni improvvise, frammenti di fato. È a questo che serve quel supporto speciale della memoria che è la scrittura (…).
Recensione di Luigi Marfè
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