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Dopo aver letto questo libro, comprato con la curiosità di chi vuole conoscere le vidende della storia contemporanea del nostro paese, non posso che concordare con Luciano che lo definisce “dalla non facile lettura per la particolare prosa di Pecorelli, ricca di ammiccamenti ed allusioni”. Tuttavia approfondendo l'analisi della figura di Pecorelli mi trovo d'accordo con i giudici d'appello che condannarono la “banda Andreotti”, secondo i quali è in primis ignobile definire ricattatore chi non si può più difendere ma soprattutto tale definizione non regge nei confronti di chi era solito pubblicare tutto, ma proprio tutto ciò di cui riusciva ad avere informazioni. Detto ciò la lettura degli articoli di Mino Pecorelli va contestualizzata e non sempre è agevole. Interessantissimi sono gli articoli su Moro, sui Rovelli (30 anni di anticipo sulle vicende che hanno coinvolto Previti!!), su Berlusconi e su Poggiolini. Consigliato assolutamente e un “bravi” alla Kaos edizioni.
Qualcuno definì Pecorelli solo un ricattatore, altri elogiano il suo modo aggressivo di fare giornalismo. Dopo aver letto questo libro, dalla non facile lettura, sia perché fa riferimento a scandali e vicende ormai lontane nel tempo, sia per la particolare prosa di Pecorelli, ricca di ammiccamenti ed allusioni che solo una lettura attenta e sedimentata può essere in grado di fare, credo che, come spesso accade, la verità stia nel mezzo. La elementare, ma tuttora spesso ignorata dai più, osservazione che i mezzi di informazione fossero di "proprietà" di qualcuno, e che inevitabilmente questo avrebbe comportato una limitazione della libertà di stampa, con tutto quello che ne consegue, mi sembra abbia portato Pecorelli a tentare, tra il mero asservimento del potere e l'assenza di giornalismo, una terza via: quella del "mercenario" nel senso più proprio della parola. Egli si insinuava negli interstizi del potere, utilizzando le informazioni ricevute dagli uni per colpire di volta in volta gli altri, ora uno, ora un altro, in una girandola di scandali torbide vicende dove, in qualche modo, riusciva così a collocare la sua agenzia OP in posizione baricentrica e, paradossalmente, "democratica". Una terza via però rischiosa, perché esposta a tutto. Non a caso l'avventura di OP, una agenzia controversa, ma che ebbe anche molto coraggio, terminò con l'assassinio di Mino Pecorelli il 20 marzo 1979,
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