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Recensire i Veda è un assurdo, è come pretendere di recensire la Bibbia, quindi questo è solo un appunto a seguito di una mia lettura. Questa lettura mi ha accompagnato per un anno e quando recentemente ho finito le ultime pagine quasi mi dispiaceva di avere concluso; ma le pagine si chiudono e si riaprono interiormente , nel caso dei Veda il ritorno con il pensiero o la rilettura mantengono la stessa forza del primo impatto. Si tratta di un'opere di alta poesia che affonda le radici nei millenni di civiltà hindù. Ci accorgiamo che nonostante i millenni le domande dell'uomo sono le stesse, e le risposte contenute nei Veda affiorano non come una rivelazione esterna ma come un viaggio interiore che ci avvolge. Spesso si ha una informazione appena abbozzata del pensiero hindù, infarcita di luoghi comuni sulla reincarnazione o sul vegetarianesimo, ma la riflessione filosofica e teologica contenuta nei Veda va ben oltre e riesce ad incontrare la sensibilità dell'uomo occidentale moderno. Un credente di altre religioni come anche un agnostico o un ateo non si sentono aggrediti nel pensiero perché il messaggio dei Veda riesce a fare leva sul loro stesso pensiero. La guida a questi testi sacri di Raimon Panikkar è utile data la difficoltà di doversi confrontare con parole e nomi di un antico linguaggio, ma è anche una guida filosofica profonda senza mai essere invasiva e porta il lettore verso i canti sacri accompagnadolo ad una autonoma riflessione. Panikkar (scomparso di recente, il 26 agosto 2010) è un sacerdote cristiano che amava così definire la sua esperienza in India: "Sono partito cristiano, mi sono scoperto hindú e ritorno buddhista, senza cessare per questo di essere cristiano". Vale la pena di dedicare una parte del proprio tempo a questa lettura. 27/09/11 francesco zaffuto
Recensioni
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La traduzione italiana di The Vedic Experience, Mantramañjarî, An Anthology of the Vedas for Modern Man and Contemporary Celebration, pubblicato a Delhi, colma una lacuna assai avvertita nell'ambito del dialogo interreligioso, di cui l'autore indo-catalano è esponente di punta. Dispiace che per motivi editoriali si sia tralasciata l'ultima sezione, dedicata all'uso cultuale dei testi. Non pare di poter concordare con la curatrice dell'edizione italiana, Milena Carraro Pavan, secondo la quale "l'unità armonica del libro non ne è stata intaccata": proprio in questa sezione terminale trovava significato l'affastellarsi talora frenetico delle interpretazioni dei testi che la feconda penna di Panikkar aveva accumulato fino ad allora. La recente recensione dell'opera di Alessandro Monti ("La Stampa - Tuttolibri", 23 febbraio 2002) coglie nel segno quando vi individua più un "libro da meditazione" a uso del lettore contemporaneo che un esempio di erudizione filologica fine a sé stessa. Non mi pare invece che i significati dei testi proposti siano "non sempre agevoli da cogliere": il lettore è condotto per mano, prima con un'introduzione a ogni sezione, che comprende un conciso inquadramento dei passi prescelti, poi con una traduzione talora innovativa ma raramente azzardata, infine con due diversi ordini di note, che sviscerano ogni possibile senso recondito. Che poi spesso l'autore tenda a far dire al testo qualcosa che il testo forse non contiene, o non contiene esplicitamente, è un altro conto. Ma questo tocca l'interpretazione, non la presentazione, che è sempre piuttosto benevola nei confronti del lettore non specialista. Certo la tendenza a "ecumenizzare" i testi indiani è presente, ma tale tratto costituisce la cifra oltreché il limite dell'autore. Meglio comunque un'interpretazione talora partigiana ma informata di certe traduzioni correnti, che talora nascondono dietro una cappa di erudizione una scarsa comprensione del reale significato del testo.
Alberto Pelissero
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