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Oltre l'Antonioni della trilogia sulla Milano borghese, annoiat'e noiosa, affetta da un'incomunicabilità parallel'alla pochezza delle cose da dire. "L'avventura" (1960), "La notte" (1961) e "L'eclisse" (1962), col loro pedante didascalismo ch'era già maniera, vengono spazzate via da uno sguardo abil'a cogliere, usando pochi folgoranti guizzi, gl'incolmabili vuoti e silenzi della metropoli meneghina con la sua "folla solitaria", quella che "vista dall'alto è fredda, quas'immobile, mentre dal basso è spudorat'e vivida nei colori". Il debutto nella fiction del documentarista Bruno Oliviero parte com'un noir sull'"ennesima parabola di decadenz'e perversione" urbana e prosegue com'un dramma familiare tra padr'e figlia, "ma si tratta di false piste, poiché ciò ch'interessa verament'al regista è la storia del tracollo d'un uomo", la cui "Odissea" è rappresentativa della nostra crisi epocale. "Resterebbe dunque deluso chi s'aspettasse un'indagine dal ritmo serrato, piena d'azion'e colpi di scena. L'inchiesta procede lenta, riflessiva, e ai movimentati carrelli e dolly esterni si sostituisce la macchin'a spalla che negl'interni scruta [...] rinchiudendos'in spazi sempre più piccoli: la questura, un appartamento, una stanza d'albergo" e infine l'abitacolo d'un'automobile. L'ispettore Monaco [!] è prigioniero d'una perdit'assoluta ancor'irrisolta, metaforizzata dalla propria vedovanz'appen'accennata e dalla scen'ambientat'in chiesa, la minimalistica rarefazione d'atmosfer'e psicologismi serv'a eliminare ogni diversivo per concentrarsi sull'unico punto topico del film: lo stallo e l'impasse costanti del protagonista dovuti al venir meno postmoderno d'un purchessia criterio di discernimento. Non sa scegliere, non può più saperlo fare, e resta paralizzato davanti a qualunque decisione, disorientato, res'inetto da un problema smisuratamente più grande di lui. Finale tragicament'apertissimo, con "la variabile umana" del tutt'imprevedibil'e fuori controllo. Esordio indimenticabile.
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