Indice
Introduzione
Dedicato ad Aurora,
che dovrà lavorare fino al 2064
Cara Aurora B.,
questo libro è dedicato a te. Non ci siamo mai incontrati, non ci siamo mai conosciuti. Ma se ho deciso di scrivere queste pagine è colpa tua. O, meglio, colpa della tua busta arancione. Te l’ha mandata a casa l’Inps, come a migliaia di altri italiani, nella primavera 2016 per raccontare la tua «storia previdenziale». L’hanno chiamata così. Hanno detto che era un’operazione di trasparenza, un’esigenza di chiarezza, anche se a me, così com’è venuta fuori, è sembrata soltanto un’offesa a mezzo posta. La viacelere dell’umiliazione.
Quando ho visto la tua busta arancione, infatti, ho pensato che fosse uno scherzo. Invece, il suo contenuto, purtroppo, è tragicamente vero: «Cara Aurora siamo lieti di farle sapere che dovrà lavorare ancora per 48 anni». Quarantotto anni, c’era scritto proprio così: fino al 1° marzo 2064. Chissà chi ci sarà di noi nel 2064, io di certo no. Chissà come sarà il 2064, se avremo finalmente trovato una soluzione per il traffico in tangenziale, chissà se Bruno Vespa condurrà ancora «Porta a porta», se finalmente sarà finita davvero la Salerno - Reggio Calabria, e chissà se il governo lancerà la novità del giorno: il ponte sullo Stretto di Messina. Tutto può succedere nel 2064, magari sulla Terra saranno arrivati gli alieni. E sul tuo conto corrente, finalmente, sarà arrivata la pensione.
È una bella soddisfazione, no? Tu, cara Aurora, hai 27 anni e fai la parrucchiera in Toscana ormai da 10. Pensa che ci sono parlamentari che con 10 anni di «lavoro» (lavoro: si fa per dire) hanno maturato il diritto a una pensione per il resto della loro vita. Ma che dico 10? Anche con 5. Ma che dico 5? Anche con 1. Ti dirò di più: ci sono parlamentari che non hanno «lavorato» (lavorato: si fa per dire) neppure un’ora, eppure i loro parenti continuano a incassare, ogni mese, un bell’assegno. A te, invece, hanno appena chiesto di stare 58 anni a massacrarti, fra «le metto i bigodini» o «facciamo le mèche». Non ti viene da pensare che, forse, è chi ha creato una situazione così che meriterebbe davvero uno shampoo?
Nel settembre 2016, pochi mesi dopo che a casa tua era arrivata la lettera dell’Inps, in un’altra casa è arrivata un’altra lettera, dal sapore molto diverso. Dalla Toscana alla Puglia: un consigliere regionale ha avuto il via libera per andare in pensione a 55 anni con un assegno di 5020 euro lordi al mese in virtù dei suoi 8 anni di lavoro (lavoro: si fa per dire). Ora mi chiedo: come può lo stesso Stato, a distanza di poco tempo, mandare due lettere così? Come può concedere a un consigliere regionale la pensione a 55 anni, mentre pretende che una parrucchiera lavori fin oltre i 75? Come può pagare a lui la pensione dopo 8 anni di lavoro (lavoro: si fa per dire), mentre da te ne pretende 58? Fra l’altro, tieniti forte cara Aurora, anche dal punto di vista economico c’è una bella differenza: a lui bastano 8 anni per maturare una pensione da 5020 euro lordi. Tu ne devi lavorare 58 per maturare una pensione da 1288 euro lordi. Meno di 1000 euro netti.
Questo libro è dedicato a te, cara Aurora, perché quel plico che ti è arrivato a casa sembrava un’informazione qualsiasi, e invece si è rivelato la certificazione di un’ingiustizia oltre che un bollo di schiavitù, la promessa di eterna infelicità, l’annuncio di un futuro che per te e per la tua generazione assumerà le sembianze di un inferno previdenziale. Siete i condannati dell’Inps. E a condannarvi, purtroppo, è proprio l’ingordigia di chi continua a incassare senza ritegno. Per questo ho scritto queste pagine, portandomi dietro, riga per riga, l’immagine della tua busta arancione. Non l’ho dimenticata nemmeno un attimo mentre viaggiavo tra Baby Vampiri con il vitalizio d’oro, cumulatori seriali di assegni e Paperoni assortiti che protestano perché «con 10.000 euro al mese non posso vivere». Ce l’avevo lì fissa davanti agli occhi mentre mettevo in fila uno dietro l’altro i privilegi di giornalisti, sindacalisti, banchieri, grand commis di Stato, tutti quelli che in questi ultimi vent’anni hanno guidato il Paese allo sfascio. E ora presentano il conto previdenziale a te, che al massimo nella tua vita avrai sbagliato a fare qualche tinta.
Ogni giorno sento solenni impegni di lotta contro la discriminazione. È giusto. Le persone sono tutte uguali. Non è tollerabile la discriminazione razziale, non è sopportabile la discriminazione religiosa o sessuale. Facciamo bene ad approvare leggi durissime, a condannare chiunque scivoli nell’errore. Ma mi chiedo come mai la stessa severità non la usiamo anche contro la discriminazione previdenziale. Perché lo stesso Stato che approva leggi durissime contro chi osa segregare il prossimo per il colore della pelle o per la fede in un dio diverso, sia il principale fautore dell’apartheid della pensione: da una parte spedisce te, Aurora, nel ghetto senza speranza, dall’altra continua a pagare all’eletto Mauro Sentinelli un assegno da 90.000 euro lordi al mese.
Lo so che in molti adesso penseranno: ancora questa storia dei 90.000 euro al mese? Ancora con questa storia dei vitalizi? Ma Giordano è fissato? Non si è stancato? Non ha nient’altro da fare? Ebbene: no, non ho nient’altro da fare. Guardo la tua busta arancione, cara Aurora, guardo quella minaccia che incombe sul tuo futuro e non riesco a fare a meno di pensare che quel signore che prende una pensione da 90.000 euro la prenderà anche alla fine di questo mese. E il prossimo mese ancora. E il mese dopo ancora. E poi quello dopo ancora e ancora e ancora. Lo vedi, cara Aurora? Non sono io che dico sempre le stesse cose. Piuttosto: sono loro che prendono sempre le stesse pensioni. E finché le prenderanno, come si può tacere?
Dal 1° gennaio 2017, poi, quelle pensioni sono tornate intere. Senza nemmeno quella piccola decurtazione che era stata decisa per gli anni 2014-2016. Ricordate il meccanismo? A chi aveva un vitalizio da 14 a 20 volte superiore al minimo (cioè sopra i 91.343 euro l’anno) veniva trattenuto il 6 per cento; a chi aveva una pensione da 20 a 30 volte superiore al minimo (cioè sopra i 130.491 euro) veniva trattenuto il 6 per cento fino a 91.343 euro e il 12 per cento sulla quota eccedente; a chi aveva una pensione oltre 30 volte superiore al minimo veniva trattenuto il 6 per cento fino a 91.343, il 12 per cento fino a 130.491 e il 18 per cento sulla quota eccedente. Benissimo: la Corte costituzionale ha stabilito che questo prelievo ha diritto di esistere solo se è temporaneo. Dunque, scaduto il termine del 31 dicembre 2016, è svanito nel nulla. Come se il problema non esistesse più. Ho fatto due conti: credo che Mauro Sentinelli versasse come contributo di solidarietà all’incirca 15.000 euro al mese. Non male, no? Ciò significa che dal 1° gennaio 2017 non solo non incassa di meno, ma addirittura incassa 15.000 euro al mese in più. Cioè incassa anche quella quota della sua maxipensione che gli era stata tolta. E così accade anche per tutti gli altri nababbi del vitalizio.
Nota bene, cara Aurora: nello stesso gennaio 2017 è stato annunciato che ai pensionati, anche quelli al minimo, cioè quelli con poco più di 400 euro al mese, quelli che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena, sarebbe stata chiesta la restituzione di una somma, all’incirca 20 euro. Ci siamo sbagliati, hanno detto, l’inflazione è stata più bassa di quella che avevamo previsto, quindi poche storie: dovete ridarci indietro i soldi. Proprio così. È successo: hanno provato a spremere gli spicci dal borsellino dei poveracci, mentre ridavano 15.000 euro a Sentinelli e altri quattrini ai suoi amici con il vitalizio d’oro. Non è meraviglioso?