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Come un raro fiore da paesi lontani, la combattiva etica applicata ai quotidiani problemi ambientali stenta ad attecchire nel cuore dell’Europa, fra le rive del mare nostrum. L’antologia Valori selvaggi, curata da Roberto Peverelli per l’edizioni Medusa, vuole far conoscere alcuni degli esponenti di questa particolare tradizione, nella tardiva e inconfessata speranza che tale approccio trovi pensosi adepti anche dalle nostre parti. “Dagli anni Settanta qualcosa è cambiato nella scena filosofica internazionale. Dopo anni di discussioni e dibattiti accesi sui principi fondamentali, per esempio, in ambito morale, sul significato dei termini che utilizziamo quando vogliamo lodare o biasimare qualcuno, l’attenzione è tornata a concentrarsi su questioni concrete, quotidiane, rilevanti anche per chi non s’interessi, per ragioni professionali, di filosofia”(p. 5). Sboccia così, fra gli Stati Uniti e l’Australia, l’environmental ethics : “Buco dell’ozono, effetto-serra, inquinamento: l’emergenza ambientale è un tema che non tocca solo i filosofi ma mobilità cittadini e movimenti. L’etica ambientale nasce, all’inizio degli anni Settanta, dalla convinzione che […] solo il pieno riconoscimento della nostra responsabilità morale nei confronti di piante, animali, ambiente può portare, in modo graduale, a una diversa e consapevole attenzione per le conseguenze del nostro agire e delle nostre tecniche”(p. 6). Etica ambientale versus etica antropocentrica.I saggi di questa raccolta possono quindi non solo aiutare a riflettere sul modo in cui si è sviluppata l’environmental ethics nei passati anni ma, forse contro la stessa volontà del curatore, possono essere colti anche come esempi delle difficoltà con cui si scontra il tipico argomentare analitico qualora si metta al servizio dei problemi quotidiani (nella fattispecie quelli ambientali).
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