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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2018
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Giallo in pieno stile Mankell e venato dalla tipica melanconia svedese. Wallander, si sa, è un personaggio così umano e mesto che, per tutta la storia, riempie le pagine delle sue tristi elucubrazioni, ma questo è il marchio di Mankell. Le prime pagine sono molto inquietanti e la storia procede in un crescendo e colpi di scena continui, fino al finale adrenalinico. Per chi legge la saga in ordine cronologico, si tratta del miglior romanzo finora letto. Può risultare pesante in alcuni punti, se non ci si sente affini a Wallander o non si prova, per lui, empatia. La scrittura di Mankell resta un ottimo esempio di abilità narrativa. Consigliato a chi ama i gialli e le ambientazioni nordiche, sconsigliato a chi cerca i thriller americani.
I gialli si dividono in due categorie: quelli in cui non è importante tenere sulle spine il lettore con l'interrogativo " chi è l'assassino?" perchè è bella la storia e i personaggi ti entrano nel cuore; quelli in cui fino all'ultima pagina cerchi di capire chi e perchè. In questo niente di tutto ciò. Dove vada a parare la storia si capisce già nelle prime 10 pagine. Poi è tutto un susseguirsi di situazioni surreali: riunioni informative in commissariato che assomigliano a quelle del dopolavoro dell'Atac, poliziotti che si preoccupano delle procedure e poi entrano nelle case senza mandato di perquisizione, poliziotte che vanno in missione ma non si portano la pistola quando pochi capitoli prima hanno fatto saltare la macchina addirittura di un commissario. In tutto il romanzo c'è un senso di forzatura, niente sembra naturale.
Un libro scorrevole e intelligente. Davvero incredibile che non abbia avuto successo!
Recensioni
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