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Anno edizione: 2017
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Già l’allusiva foto di copertina (due reti strappate che pendono da un legno a forma di croce) sembra voler predisporre il lettore al messaggio di questo intenso racconto-saggio di Silvio Ciappi, psicoterapeuta e criminologo. Il Cristo che fuoriesce prepotentemente da queste pagine ha poco di divino, e l’autore sottolinea più volte la propria indifferenza alle interpretazioni ecclesiali, contrapponendovi una partecipe ammirazione verso la figura umana del giovane che dalla Galilea percorre a piedi tutta la Palestina, alla ricerca di se stesso e dell’altro. Un altro vivo di reale corporeità, fatto di carne e dolori, a cui portare la parola che salva. Gesù si circonda di poveri e peccatori, di persone sofferenti per tare fisiche. In tutti loro, lo psichiatra-criminologo scorge lo stesso male di vivere dei pazienti o dei carcerati di cui si occupa professionalmente: il male dell’adolescente suicida, del genitore che uccide il figlio, delle donne stuprate dalle forze paramilitari in Colombia o dell’infanzia costretta a prostituirsi nelle strade del Brasile. Per recuperare la vicenda terrena di un uomo di duemila anni fa, Ciappi utilizza le pagine del più antico dei quattro Vangeli, l’unico scritto da chi è stato testimone oculare degli eventi narrati. Un Vangelo particolare, quello di Marco, scarno di parole, privo di commenti, che ci propone da subito un Cristo adulto, indocile, dal linguaggio paradossale, che si fa battezzare da Giovanni e cerca i propri discepoli tra i pescatori. L’autore alterna l’interpretazione evangelica con descrizioni di incontri avuti nella sua esperienza professionale, oppure con riflessioni sul senso del nostro vivere quotidiano inserito negli spazi e tempi dilatati della storia e dell’eternità. Ci invita a riflettere sull’importanza della parola e del silenzio, delle assenze e dei distacchi, dell’odio e del perdono, della malattia e della libertà, della meditazione e della solitudine, della persecuzione e della morte.
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