“L’uomo che non c’era” - vincitore del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2017 per la sezione Autori tradotti - getta una nuova luce sul modo di pensare la mente umana, attraverso una raccolta di storie originali, bizzarre, a tratti inquietanti, che richiamano alla mente la penna di Oliver Sacks.
«Ma non c’è dubbio che, se capiamo che mentale e fisico non sono distinti, e in particolare che il mentale non la fa da padrone con il fisico, e che alla base del senso del sé e dei suoi eventuali disturbi c’è il corpo, allora possiamo imparare non soltanto a cooptare il corpo nel trattamento ma anche a considerare quelle mentali malattie come tutte le altre» - Anil Ananthaswamy
Dove possiamo collocare il nostro Sé? Nel cervello? Nella mente? Nel corpo? E soprattutto, un Sé esiste davvero? E se esiste, di cosa è fatto, che confini ha, come si trasforma nel corso della nostra vita? Esistono storie di uomini e donne che spingono al limite le possibili risposte a queste domande, accompagnandoci in un viaggio in regioni dell'identità incerte e perturbate, dove ciò che, per definizione, dovrebbe essere più stabile, in realtà ci sfugge: il senso di noi stessi. Graham tenta il suicidio e, dopo aver fallito, passa il resto della sua vita a persuadere gli altri di essere già morto. Ashwin vede un altro sé stesso... Schizofrenia, Alzheimer, autismo, epilessia, sindrome di Cotard sono solo esempi di modi di esistere in cui l'assioma cartesiano del «cogito ergo sum» è sovvertito dal «penso, dunque non sono». Le neuroscienze da tempo si interrogano su questi stati: condizioni cerebrali difettose o disfunzionali, dove accade che il Sé migri dal proprio corpo fisico verso un proprio doppione separato (Doppelgänger), o che lasci il proprio corpo vagare sul soffitto restando a guardarlo a distanza, come fosse distinto e altro da se stesso. L'uomo che non c'era parte da qui: dagli interrogativi a cui epistemologie differenti non hanno ancora saputo rispondere definitivamente, rimandandoci alla certezza che mente e corpo intrecciano tra loro relazioni complesse e mutanti, che i processi neuronali aggiornano il nostro Sé continuamente, e che la percezione di continuità che abbiamo del nostro essere noi stessi potrebbe di per sé essere un'illusione. Perché il Sé è allo stesso tempo ovunque, eppure da nessuna parte, nel nostro cervello.
Leggi di più
Leggi di meno