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Ho incontrato un buon libro, un bel libro. Ho scoperto una scrittura scorrevole, che si manifesta attraverso un ritmo narrativo avvincente, che si legge con viva partecipazione. E che mi ha catturato. All'inizio, la descrizione del Casino sociale mi è parsa proprio come uno sfogo dello scrittore, che, devo dire, condivido pienamente. Trattasi, apparentemente, di un pezzo a sé, un piccolo capolavoro di conoscenza: larve di umani che si fanno monumenti di se stessi, esseri per lo più inutili, anime morte. Di questo passaggio mi ha colpito la coscienza civile dello scrittore. Certo se confrontiamo i comportamenti osservati al Casino sociale e quelli dei genitori della ragazza rapita con il modo di essere di Amin, il sequestratore, avvertiamo due mondi lontani e inconciliabili, per come è possibile intendere la vita: la stupidità e la purezza. Proprio così, la purezza. Di Amin naturalmente. Nonostante tutto. La purezza corrotta da un certo mondo che purtroppo la vince quasi sempre. Il libro di Roberto Ricciardi mi ha condotto per mano in un contesto, quello dei procedimenti di legge e delle indagini giudiziarie, a me assolutamente sconosciuto. Lettura, naturalmente, assai piacevole perché ironica, distaccata, pur trattando lo scrittore argomenti assolutamente seri, importanti. Le diverse psicologie, di giudici, avvocati, segretarie, mi hanno riportato un pò al mondo di H. Daumier, il pittore francese, comico e assurdo a un tempo. Lo scrittore lo analizza in modo apparentemente leggero e invece assai acuto. E' un romanzo, questo di Ricciardi, a più strati, che non esclude, con grande pudore, la trattazione di sentimenti di amore, quelli, ad esempio, traditi tra i due genitori della ragazza rapita e quelli assai delicati tra il giudice e la sua segretaria. Il romanzo ti fa davvero partecipe degli eventi, è avvincente. Specialmente, nell'ultima parte, quelli del dolore ti lasciano sgomento perché descritti con grande partecipazione emotiva. L'egoismo dei genitori di Ginevr
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