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Anno edizione: 1998
Anno edizione: 2015
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recensione di Casadei, A., L'Indice 1998, n.10
Al fondo dei personaggi di Affinati sta una tensione agonistica che li spinge alla lotta contro i limiti entro cui si sentono costretti. Questa lotta si esprime in vari modi: molto frequentemente è rivolta contro la società di massa, altre volte contro le proprie caratteristiche fisiche o mentali. Ma in realtà l'agonismo nasconde una sfida ancora più radicale, ossia quella di chi cerca di trovare un senso per non essere inghiottito nel vuoto assoluto dell'esistenza: e lo cerca attraverso forme di eroismo irriconoscibile o assurdo, che può coincidere con una tragica pulsione di morte.
Le storie dei nove uomini pericolosi sono in effetti legate da un filo comune, che il narratore non manca di sottolineare, per mezzo dei brevi commenti in corsivo che precedono i vari racconti. Lo sfondo sul quale si muovono i personaggi è, metaforicamente, quello di una città distrutta, quasi da "day after". I rapporti umani sono ormai improntati alla lotta per la sopravvivenza, le azioni appaiono prive di scopo. Eppure una speranza di rinascita, alla fine, balena, e almeno alcuni degli uomini che hanno messo in gioco la loro vita riescono a evadere, a riconquistare una loro integrità.
Un individualismo disperato e però attivo caratterizza questi uomini pericolosi, che sono quelli che "sognano di giorno", come recita l'esergo tratto da T.E. Lawrence. In loro si possono riconoscere i tratti del ribelle di Jünger, che non si lascia coinvolgere dallo spirito del tempo, ma, in solitudine, acquista il senso della storicità abbandonando le facili certezze. Dunque le vicende proposte da Affinati vogliono essere paradigmatiche e nello stesso tempo legate alla storia, non ridotta a pura cronaca.
I temi e i modi della narrazione risultano molto vari.Un nucleo ricorrente è quello della violenza, che viene interpretata e non solo esibita (come invece capita in parecchi degli scrittori più giovani).Nel caso di Ermanno Perna, personaggio principale di "Doss Trento", la violenza è quella del combattente ridotto all'impotenza nel tempo di pace, e quindi deriva dall'insofferenza per la società di massa. Invece il protagonista di "Bongo" - un rivenditore di auto usate che, dopo una rapida quanto tremenda sparatoria, va a rinchiudersi in una gabbia dello zoo con una scimmia - scatena la sua aggressività in modo lucido quando viene sconvolta la sua vita quotidiana, alla quale peraltro si era aggrappato come a una zattera. Qui la violenza assume le forme dell'autodistruzione, dato che il protagonista decide alla fine di lasciarsi uccidere; tuttavia anche questa scelta costituisce una protesta e un'estrema difesa della libertà, che vorrebbe portare a ristabilire una giustizia almeno individuale.
Altre volte i temi sono legati alla scoperta del grottesco e dell'assurdo nella vita di ogni giorno. La deformità fisica, ad esempio, può far scoprire una realtà non immaginata, e costringere a una conversione o a una scelta radicale. I toni possono essere diversi: si va dal francamente comico (una novità per Affinati) di "Natica d'oro", al comico-malinconico di "Il cuoco", al dolente di "L'unicorno". Soprattutto in quest'ultimo si riconosce di nuovo una pulsione autodistruttiva, che spinge Ulisse Dragosei, al quale è cresciuta un'enorme protuberanza carnosa sulla fronte, a chiedere all'amata Nada di cancellare ogni traccia della sua esistenza, per separarsi del tutto dalla vita che lo ha così orribilmente segnato. Eppure, questo rifiuto coraggioso lascia una piccola eredità, almeno per Nada.
Vengono impiegati anche mondi fantastici, ad esempio in "L'uomo dei muri", delicato racconto di una paternità inventata e di una generosità che supera i limiti fisici, persino quelli spazio-temporali. "Il combattente" appartiene invece al genere fantascientifico a sfondo morale, e fa riemergere una figura cara all'Affinati di "Bandiera bianca" (Mondadori, 1995; cfr. "L'Indice", 1995, n. 10), il guerriero che pone in gioco la vita per superarne il dispendio inutile: le pagine del duello, che si svolge nel 2490 tra l'indifferenza più assoluta per l'essere umano, sono di alto contenuto drammatico e stilisticamente asciutte.
In generale, la poetica di Affinati ruota evidentemente intorno a temi tolstojani, in buona parte quelli che lui stesso ha individuato nell'importante saggio "Veglia d'armi" (Marietti, 1992).Un racconto più degli altri mostra questa ascendenza contenutistica e talvolta anche formale, ossia "La tenda dei porci", non a caso definito "edificante" nel sottotitolo. La conversione di Giuseppe Avenanti avviene sulla spinta del disamore per se stesso e dell'esperienza della crudeltà contro i deboli (qui extracomunitari e nomadi): le tare dell'individualismo anarchico ed egoistico alla Max Stirner vengono superate grazie all'apertura verso la sofferenza altrui, che dà un senso alla propria, come accade in molti testi dell'ultimo Tolstoj.
Tuttavia i risultati più alti del libro sono forse raggiunti in un racconto dai toni semmai confrontabili con quelli ottenuti dal Thomas Bernhard di "Gelo". Si tratta di "Nove", dal nome del giovane deforme che abita in un piccolo paese isolato e che viene ucciso da alcuni bravi ragazzi, poi diventati importanti funzionari e uomini d'affari. Uno di questi narra la vicenda, facendo progressivamente emergere un altro tipo di violenza, quella nei confronti del capro espiatorio. È la violenza fondativa di cui ha parlato René Girard: è il desiderio di uccidere apparentemente inspiegabile che coglie coloro che vivono in una comunità chiusa, peraltro potenzialmente identica a quella in cui vive ciascuno di noi lettori. Il racconto esprime benissimo questi aspetti profondi, soprattutto nella parodica Via Crucis alla quale è sottoposto Nove, uno dei punti di maggior tensione emotiva dell'intera raccolta.
Chi sono gli uomini pericolosi? Quelli che sognano di giorno, scrisse una volta il colonnello Lawrence. Individui comuni, oppure eccezionali, che intrattengono rapporti difficili con il limite imposto dalla realtà quotidiana. Eraldo Affinati punta il suo sguardo su di loro. Un nemico misterioso e implacabile costringe lo sparuto drappello dei personaggi a una corsa folle in mezzo ai semafori, canne piegate, binari, carrucole, pozzi. Qualcuno cade. Altri vanno avanti. Le storie dei fuggiaschi alimentano il ritmo narrativo.
La scrittura di Affinati è asciutta, severa, a volte grottesca e a volte sospesa sul filo di una trattenuta commozione.
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