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La favola che vuole il fascismo come una dittatura totalitaria e priva di voci fuori dal coro è smentita dalla vita e dal pensiero di Berto Ricci. Se è pur vero che nell’Italia mussoliniana la sola rappresentanza politica era detenuta dal PNF, Ricci, che è stato uno dei maggiori intellettuali del Ventennio, costituisce un’alternativa alla rigidità del partito unico. Il libro è un’antologia de L’ Universale la rivista mensile che, oltre lo stesso pensatore fiorentino era animata da giornalisti del calibro di Diano Brocchi, Romano Bilenchi e Indro Montanelli. Il direttore del periodico che uscì tra il 1931 e il 1935, proveniva da una giovanile militanza anarchica, che gli costò l’accusa di “bolscevismo” da parte di Roberto Farinacci, il ras di Cremona. Il fascismo di Ricci aveva un’impronta sociale e vedeva nel corporativismo l’esperienza rivoluzionaria che avrebbe risolto i problemi economici e del mondo del lavoro. Nell’antologia pubblicata da Oaks troviamo trattati gli argomenti più disparati: la lotta contro la borghesia non intesa come categoria sociale, ma come atteggiamento spirituale di chi, raggiunto un certo benessere, non aspira a nient’altro che la vita “comoda”; la religione che per Ricci e i suoi collaboratori non deve essere in contrasto con la fede fascista che incarnava la tradizione di Roma antica pagana e anche una polemica anti-idealista che lo vedeva contrapporsi al filosofo ufficiale del regime, Giovanni Gentile, e con la pubblicazione del “Manifesto realista” gli attirò l’attenzione, tra gli altri, anche di Julius Evola. Per la sua eterodossia alle idee del fascismo, idee che il Duce apprezzava e seguiva con interesse, Ricci fu chiamato a scrivere sul Popolo d’Italia fondato dallo stesso Mussolini nel 1914. Nel volume, infine, vengono trattati temi quali la letteratura, la poesia e la filosofia. Libro consigliato, soprattutto ai più giovani, per conoscere un personaggio poco noto ai più ma di assoluto valore umano e culturale.
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