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Nelle periferie urbane il calcio è vissuto spesso non come semplice sport, ma come occasione di riscatto sociale: quanti ragazzi disagiati sognano di poter diventare da grandi campioni profumatamente pagati, alimentando un'illusione che sostiene un notevole giro speculativo. Diverso è il caso del rugby, uno sport pregno di valori di rispetto che al calcio sono ormai sconosciuti: nella palla ovale ci sono il concetto di gioco di squadra e non individuale; il rispetto dell'avversario; il terzo tempo in cui i giocatori di entrambi gli schieramenti festeggiano insieme la partita... è un mondo composto quasi completamente da dilettanti e ciò spiega anche la maggiore cultura dei suoi praticanti (quasi tutti laureati). La mentalità sportiva italiana è però prevalentemente calcistica ed è per questo che Andrea Pau ambienta il suo romanzo per ragazzi (abbellito dalle illustrazioni di Jean Claudio Vinci) non in Italia, bensì in un sobborgo di non precisata una città dell'Irlanda del Nord che potrebbe essere Belfast, in cui ogni quartiere ha il suo campo e la sua squadra di rugby, con le sue categorie giovanili. Il dodicenne protagonista, Bruce detto Diego, deve affrontare due bulli che non minacciano direttamente lui, ma il fratello zoppo ed un suo amico miope. Per aver tirato un pugno ad uno dei due, Diego viene escluso dalla propria squadra, ma non può giustificarsi perché i vigliacchi minacciano di rifarsi sul fratellino più debole. Il ragazzo espierà lo scatto di violenza e la successiva omertà, ma grazie al'ingresso in un'altra squadra, i Rebels (in cui aveva militato il padre, del quale vestirà la maglia), riuscirà a riscattarsi pienamente. La storia, la prima di una serie per ragazzi di circa dieci anni (ma è adattissima anche ai loro genitori), predilige l'aspetto umano su quello sportivo, anche se non manca un'appassionata descrizione dell'ultima, fondamentale partita.
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