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Oggi l'Umano subisce una doppia frattura: l'irruzione dell'Inumano e l'emergere del Postumano sono i due fronti di una sfida mortale.
Il concetto di Umanità è antico e attraversa la storia dell’Occidente. Ma nel Novecento esso subisce una brusca torsione, per effetto del superamento di una doppia soglia: quella che separa Umano e Inumano, da una parte. E quella che divide Umano e Postumano, dall’altra. Due fratture che si sono consumate in rapida successione. Con Auschwitz si rompe la soglia tra Umano e Inumano. La Disumanità come In-umanità diventa la trama del nostro presente, nel momento in cui, per esempio, si chiudono i porti all’arrivo dei migranti, decidendo di non salvare altri esseri umani. Il superamento della seconda soglia è quella tra Umano e Postumano, laddove la tecnologia è costruita a somiglianza dell’essere umano, assumendo aspetti a volte salvifici, a volte inquietanti.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La denuncia del professor Revelli è perentoria, disarmante, suffragata dal suo enorme bagaglio culturale che spazia dalla storia alla filosofia fino alla psicanalisi: l'uomo di oggi è insidiato da sfide che minano irrimediabilmente il suo vivere, l' inumano e il postumano. Il fulcro della narrazione è il rammarico per la perdita da parte dell'uomo del rapporto col suo prossimo e lo sfruttamento cieco della natura, dovuti al prevalere di interessi materiali, dell' intolleranza e dell'individualismo , alimentati da quel postumano che è lo strapotere della tecnologia. Non si arrende tuttavia il professore e riesce a trovare una via d'uscita nelle parole di papa Francesco (enciclica Laudato sì) per spronarci a ricostituire una società non più antropocentrica in senso negativo, ma rispettosa degli animali e della natura, in cui possano essere recuperati i valori di benevolenza e solidarietà tra uomo e uomo, il ritorno all'humanitas, fagocitata nel tempo dagli eventi.
Revelli traccia un dotto excursus sul concetto di umanità, partendo dalla definizione classica di epoca romana, basata su philantropia e condivisione di un patrimonio culturale. La crisi di fine ‘400, contraddistinta dalla perdita dell’unità religiosa e del relativo ordine ‘naturale’ (felicemente esemplificata attraverso i dipinti di Bosch), viene superata con l’idea di Sovranità, laica e circoscritta. Le tragedie del ‘900, la carneficina della grande guerra prima e lo sterminio programmato della shoah poi, fanno irrompere l’inumano, in apparenza respinto, ma capace poi di riemergere sulla scorta di modelli economici che hanno esaltato la competizione individuale, fino a generare indifferenza e ostilità verso chi è altro da sè (o dal proprio gruppo, definito su base etnica o ideologica). Il presente prospetta uno sfondamento dell’umano grazie alla tecnologia, con la perdita dell’unicità del pensiero razionale, imitato e forse migliorato da ia e machine learning. Revelli trova la sua chiave interpretativa in una sorta di peccato originale dell’umanesimo, già codificato nella Genesi: l’antropocentrismo riduce il resto del mondo a bene da possedere e sfruttare, ponendo le basi per una successiva discriminazione interna fra forme di umanità più nobili e altre prive di valore, quindi sacrificabili. La speranza (simbolicamente agganciata ad un altro testo religioso, la ‘Laudato sì’) nasce dalla possibilità dell’ibridazione: non quella tecnologica del cyborg, spinta agli estremi dal transumanesimo, ma quella orizzontale che abbraccia regno animale e vegetale, rinunciando all’arroganza del dominio per una cura comune che estenda il concetto classico di philantropia.
Tra un Prologo inquietante e un Epilogo sgomentato, Marco Revelli racchiude i nove densi capitoli della sua costernata riflessione sulla nostra contemporaneità, così come si è andata trasformando dalle ceneri di un tragico passato novecentesco, e un futuro che si prospetta complesso e allarmante. In questo ultimo lavoro prende le mosse da alcune considerazioni relative al concetto di umanità, termine introdotto a Roma nel I secolo a.C. sul modello della philantropia greca, atteggiamento di benevola e rispettosa attenzione verso i propri simili. Secondo Revelli, questa fede nell’umanesimo si è infranta meno di un secolo fa, con il nazismo e lo scandalo di Auschwitz: “Il luogo in cui la lunga vicenda del pensiero occidentale ha subito la propria catastrofica lacerazione con l’irruzione massificata del disumano nell’umano”, quando l’uomo ha potuto essere considerato nulla per l’altro uomo. Tale dis-umanità è la stessa espressa dal feroce spettacolo, protratto quotidianamente da anni, della morte in massa dei migranti nei nostri mari, “osservato dapprima con pena poi sempre più con disattenzione, assuefazione, fastidio infine, e persino odio”. L’umano si fa disumano nell’esibita indifferenza per l’altro da sé, negli ultimi decenni divenuta ancora più manifesta soprattutto verso gli strati poveri e fragili della popolazione. Un’insensibilità nemmeno più giustificata da ragioni ideologiche, ma solo dalla corsa competitiva verso l’utile, per cui la persona viene considerata puro soggetto economico. Come genere umano, stiamo forse pagando un peccato di superbia, avendo preteso di ergerci a dominatori trionfanti dell’universo intero, e l’attuale crisi del soggetto ci riduce all’insignificanza che meritiamo. Revelli indica l’unica possibile via di salvezza nell’abitare responsabilmente la terra di cui ci siamo ritenuti padroni assoluti, ritrovando una pacifica collaborazione non solo tra individui, ma con tutte le altre specie viventi e con l’ambiente che per millenni ha sop
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