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Ho letto questo libro con grande piacere e interesse, in quanto testimonianza unica di un mondo - quello della chirurgia italiana - non molto conosciuto al di fuori dell'ambito specialistico. L'autore ha vissuto in prima persona le esperienze di sacrificio e frustrazione che accompagnano spesso l'esperienza del chirurgo, soprattutto in Italia e nel periodo storico vissuto dall'autore, e cioè gli anni 1960-1990. Il sistema baronale viene descritto con tono pacato, privo di risentimento, con un senso di inevitabilità che anziché diminuire aumenta il senso di inquietudine del lettore; da un lato il sistema, con le sue ingiustizie continue e la sua irrazionalità, sembra una delle più tipiche storture italiane; d'altro lato la dedizione e la volontà di lavorare di tanti chirurghi sembravano paradossalmente stimolate da un ambiente così retrivo e quasi feudale. Il sacrificio della propria vita individuale nell'interesse della chirurgia e del malato, senza nessun riconoscimento che non fosse quello della propria coscienza, era l'atteggiamento più frequente, un sacrificio che nella maggior parte dei casi non si concludeva affatto con un progresso di carriera, dato che niente è meno meritocratico di un sistema baronale. Tuttavia, come afferma l'autore stesso, il superamento di quel sistema non ha sempre portato a una maggiore giustizia e nemmeno a una maggiore efficienza; il centro del potere si è spostato dal grande barone alla classe politica, con risultati ancor più inquietanti sul piano della discriminazione professionale e della competenza chirurgica. Se pure molti reparti universitari hanno la fortuna di avere direttori illuminati, che gestiscono il potere con intelligenza, coscienti che la valorizzazione del personale medico va di pari passo con la qualità della prestazione chirurgica, purtroppo spesso i meccanismi descritti così bene da Gianfranco Caldarelli sono ancora realtà, soprattutto in ambito universitario. Un libro importante sui motivi della decadenza dell'università, da leggere assolutamente.
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