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«L'ultimo romanzo di Alessandro Moscè è un libro imperniato sui temi della vita e della morte, della malattia e della vecchiaia, i poli opposti della "linea del tempo" esistenziali di ciascuno di noi» - Roberto Carnero, Domenicale
"Quell'abito nero non faceva una piega. Lui, Marcello, la guardava assorto, con gli occhi color petrolio, come quando ci si sveglia da un sogno ribelle". La grande Anita Ekberg, che fu la donna più bella del mondo, è ormai anziana e malata. Vive in una casa di riposo nei pressi di Roma dove trascorre gli ultimi anni della sua esistenza camminando appoggiata a delle stampelle e poi costretta a muoversi su una carrozzina, dimenticata da tutti. Un giovane giornalista la incontra per intervistarla e tra loro nasce un'intesa. I due si frequentano per alcuni mesi che diventeranno l'occasione per Anita di passare in rassegna la sua intera esistenza, per rievocare il periodo d'oro della carriera cinematografica, quando era considerata la diva dagli occhi di ghiaccio, il sogno di tutti gli italiani, specie dopo la celeberrima scena che la vide camminare dentro la Fontana di Trevi nel capolavoro "La dolce vita". Torna il tempo trascorso con Fellini, Mastroianni, Risi, Agnelli, l'incontro con il poeta Salvatore Quasimodo. Si riaffacciano gli uomini che l'hanno amata passionalmente come coloro che l'hanno tradita nella fiducia. Fellini le appare in sogno ad indicarle una via d'uscita dalla paura della morte. Anita Ekberg stringe amicizia con un anacoreta d'altri tempi, con un prete dedito all'alcool e con una signora minuta e garbata: figure aleggianti in una quotidianità surreale, tra cose mai dette che emergono nelle zone d'ombra che ognuno di noi si porta dentro. La metafora dell'esistenza è racchiusa in un quadernone dove l'ex attrice appunta, tramite lettere che non spedirà mai, impressioni e stati d'animo, racconti visionari e preveggenze, sedute spiritiche e nostalgici flashback.
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