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Essere un allenatore di basket che colleziona record nella NBA e scrivere un libro su una delle poche stagioni in cui la propria squadra ha perso. Etichettato anticonformista dai mass media perché esercita il diritto di esprimere opinioni sulle decisioni della Lega e degli arbitri - totem inattaccabili del basket Usa - anche a costo di multe di decine di migliaia di dollari, Phil Jackson, allenatore dei Los Angeles Lakers, racconta la stagione 2003/04 che poteva chiudersi con l'ingresso nella leggenda, nel caso di una vittoria nella finale (sarebbe stata la quarta in cinque anni), e che invece ha segnato la fine di un ciclo travolgente. Più che l'applicazione degli schemi difensivi e del suo celebre attacco "a triangolo" il libro segue il rapporto contrastato con Kobe Bryant, in cui si inserisce la rivalità con Shaquille O'Neal e gli infortuni che hanno segnato la stagione. Nei play off i Lakers superano gli Houston Rockets del gigante cinese Yao Ming, poi la rivelazione Minnesota Timberwolves. In finale però perdono contro i Detroit Pistons. I Laker di Bryant e O'Neal sono una gruppo di talenti che Jackson prova a far diventare una squadra, magari contando sulla esperienza del veterano Karl Malone (40anni), arrivato a Los Angeles con l'obiettivo di vincere il titolo e superare il record di punti di Kareem Abdul-Jabbar, ritiratosi a 42 anni nel 1989, e tornato quest?anno come assistente dell'allenatore. Chiusa la stagione, Jackson decise di mettere un punto finale alla sua carriera, dopo un incontro con Jerry Buss, presidente dei Lakers dal 1979, e padre della sua compagna. Era meglio così diceva. Era ora di smetterla con un vita trascorsa tra campi e alberghi. Ma non poteva durare molto. Chi ha sempre vissuto in un mondo non si può staccare, anche se quel mondo lo dominato. Nel 2005 Phil Jackson è tornato sulla panchina dei Lakers. Ninni Radicini e' autore della newsletter Kritik (Arte, Editoria, Attualità)
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