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Anno edizione: 2012
Anno edizione: 2014
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Nonostante il colpo di scena finale non è certo il libro di Nothomb che preferisco.
Non posso credere di non aver mai letto nulla di questa scrittrice prima di questo titolo! Ho acquistato per puro caso questo romanzo e ne sono rimasta totalmente affascinata. Una prosa scorrevole e accattivante, ricchi dialoghi e un'ottima caratterizzazione dei personaggi, il tutto in poche pagine. Leggendo la trama dal retro di copertina mi aveva interessata moderatamente, ma una volta iniziata la lettura ne sono stata totalmente assorbita, avrei letto volentieri 100 pagine in più. La parte finale è stata per me una sorpresa, mi sembrava di aver capito in che direzione stesse andando il romanzo finchè non sono arrivata alle ultime pagine... Ancora non so dire con esattezza se io abbia apprezzato appieno quella conclusione, ma di sicuro non mi ha lasciata indifferente e mi ha invogliata a proseguire la conoscenza di questa autrice dalla penna a dir poco magnetica. A presto, Amélie!
C’è poco da fare: in poche pagine è capace di catapultarti in una storia che non ci si può immaginare e che non si prevede facilmente. Mi è piaciuto tantissimo.
Recensioni
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“Di certi rampolli si dice che si capisce da chi hanno preso. Può capitare che il processo si inverta e che un padre cominci ad assomigliare al figlio: Norman era diventato pazzo.”
Joe Wip ha quindici anni e da quando è stato buttato fuori di casa vive in un albergo. La passione per la magia è l’unico antidoto per sfuggire alla solitudine cui è costretto da una madre immatura e bugiarda. A salvarlo Norman Terence: il mago più bravo di tutta Reno accetta di insegnargli i trucchi del mestiere e lo prende con sé. Joe è felice, ha la famiglia che non ha mai avuto, eppure qualcosa lo turba. Cosa? L’attrazione che prova per Christina (la compagna di Norman) e il sentimento di amore-odio verso il padre adottivo.
Desiderare la madre e voler uccidere il padre: il complesso edipico di ogni figlio maschio. Fin qui nulla di strano salvo che la donna desiderata è un’altra e il padre odiato non quello biologico: è il grado zero del nuovo romanzo di Amélie Nothomb. Ma le provocazioni della scrittrice belga non si fermano qui: il complesso edipico viene completamente rovesciato al punto da invertire i termini della persecuzione: sarà infatti l’adulto a inseguire il figlio e a cercare a ogni costo la legittimazione del suo ruolo di padre.
Nel suo ventesimo romanzo l’autrice affronta la delicata questione del rapporto genitori-figli, il legame ancestrale alla base di tutte le relazioni interpersonali; e tuttavia occorre leggere il libro fino alla fine per capire i reali moventi della storia, per rendersi conto di chi ha davvero bluffato e del trucco magistrale perpetrato ai danni dei sentimenti: è solo percorrendo gli spazi e i tempi della scrittura – i quindici anni che intercorrono fra il 1995 e il 2010 – che si compie il passaggio al livello di lettura successivo e si colgono le reali intenzioni di chi scrive.
“Vivere vuol dire rifiutare” si poteva leggere in uno dei passaggi di Metafisica dei tubi. A dieci anni di distanza Uccidere il padre ripropone il tema della costruzione identitaria, ma è cambiata l’ontologia: non più il rifiuto come scelta è centrale bensì l’essere rifiutato (o l’essere scelto) come atto imposto o subito. Viene da chiedersi se questa nuova metafisica rispecchi una trasformazione più ampia che investe non solo il romanzo di Nothomb ma l’intera società.
Lo stile icastico, le frasi brevi e lapidarie, la sua pungente ironia riescono a tenere alta la suspence, a mantenere desta l’attenzione del lettore fino al colpo di scena finale che lo lascerà a bocca aperta, straniato di fronte alle imprevedibili derive della vita ma anche desideroso di riflessione.
A cura di Wuz.it
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