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Il romanzo prende la forma di una lettera indirizzata a Van Gogh, dove la voce narrante della protagonista Teresa si sfoga in lungo flusso di coscienza mettendo a nudo la propria interiorità con il pittore, da lei amato. Il racconto è un dipinto delle campagne del Belgio nel secondo Ottocento, è una serie di ritratti di abitanti, una storia romantica rimasta latente nell'intimità della protagonista. La ragazza scrive in un colloquio immaginario a Van Gogh tutto ciò che avrebbe voluto dirgli; la narrazione procede fluida e scava in profondità nella psicologia dei personaggi. Teresa ha una sensibilità diversa rispetto agli altri abitanti del villaggio: vede dettagli che altri non vedono, riesce a sentire il pericolo, a riconoscere delle verità; e in maniera rarefatta, isolate volte, riesce "vedere" il futuro. Teresa è orfana, affidata a una famiglia del villaggio e dichiarata "pazza" solo per ricevere il sussidio di mantenimento dallo Stato. La ragazza incontra Van Gogh quando una sera egli bussa alla porta della sua famiglia ospitante in cerca di ristoro. Era un pellegrino nei campi che cerca il proprio destino: Appena abbandonato il mestiere di predicatore, si appresta a dipingere. La ragazza lo incoraggia, lo spinge alla tela, ai colori e Van Gogh ha la sua iniziazione all'arte con Teresa, che vede nell'uomo la scintilla dell'arte ma sente per lui l'affetto delicato ed erotico di un'adolescente quasi donna. La narrazione man mano che scorre diventa più disconnessa e perturbante nei pensieri, specie alla fine, quando anche Teresa per tutta una serie di vicissitudini viene condotta in ospedali psichiatrici e sottoposta a vere e proprie pratiche di tortura; poiché nel secondo Ottocento l'ospedalizzazione dei malati (o presunti tali) era più crudele.
[Estratto dal Blog] [...] lunga lettera che Teresa Senzasogni scrive a Vincent van Gogh. Parte dal principio, gli racconta la sua nascita, figlia di una matta che muore mettendola al mondo. Vive a Gheel, il paese giallo, una cittadina belga chiamata “il paese dei matti”, dove coloro che soffrono di disturbi mentali possono circolare con libertà, prendendo normalmente parte alla vita cittadina, un’eccezione per il 1881. [...]è affidata alla famiglia Vanheim. La loro casa è una di quelle incaricate ad ospitare gli alienati e, sebbene Teresa non sia una di loro, decidono, in accordo con il dottor Shepper di dichiararla malata per poterle assicurare una rendita futura, che possa servirle da dote.[...]È qui che Teresa incontra Vincent Van Gogh, che vagabondando per la Campine belga si ritrova per caso davanti alla casa dei Vanheim, dove viene ospitato per alcuni giorni.[...]Teresa è affascinata da quest’uomo cupo, silenzioso ed enigmatico, scontroso e irritabile, che non dà confidenza a nessuno e vaga solitario nella brughiera e riesce a trovare il modo per comunicare con lui, sono i colori il trade union dei due.[...]intuisce le capacità, le potenzialità nascoste del futuro pittore e gli regala i primi colori e la prima tela su cui dipingere[...]Fin qui una delizioso storia, ricca di locuzioni e immagini poetiche, con una scrittura agevole, fatta di frasi brevi ed essenziali, misurata ma mai banale[...]a storia subisce una forte virata che mai ci saremmo aspettati prima. Teresa ci svela pian piano particolari della sua vita e del suo presente ed un epilogo decisamente imprevedibile. Alla dolcezza della prima parte seguono pagine intense e talvolta dure, estremamente ruvide, dove vengano affrontati temi seri che inducono a riflessioni profonde. Un bel libro, magistralmente scritto, che si legge tutto d’un fiato, ma che lascia spiazzati per la sua conclusione. Un romanzo da leggere, [...]
1881, Gheel, anche conosciuto come "il paese dei matti". Teresa Senzasogni non è pazza, ma come tale è stata registrata per poter godere, come è uso in quel villaggio fiammingo, dell'ospitalità della famiglia Vanheim. Un giorno avrà una dote e sposerà il suo Icarus, che le racconta le ingiustizie del mondo. Ma poi arriva un nuovo ospite, un vagabondo rosso di capelli, schivo, rude, gli occhi accesi da una febbre sconosciuta, e Teresa sembra riconoscere in lui un destino incompiuto: diventerà un pittore - lei lo sa, lei lo sente -, troverà nei colori una strada universale. Quando la "profezia" si avvera sono passati una decina d'anni e molto è accaduto, a Teresa e a Vincent van Gogh. Teresa scrive al caro signor Van Gogh perché si ricordi, perché la aiuti a mettere ordine nel disordine, speranza nella disperazione, amore nel disamore e colore nel grigio. Lui, in verità, è l'unico vero amore di tutta la sua vita. E come tutti gli amori è pieno di luce e di futuro. Il romanzo di Giovanni Montanaro è una lunga letterache si trasforma in una storia di anime in gabbia, di sentimenti che vogliono lasciare il segno e di un bisogno di libertà grande quanto l'immaginazione che lo contiene. Delicato, con una scrittura poetica alla De Luca riesce a coinvolgere il lettore senza però diventare memorabile. "I ricordi si rincorrono, si sommano, si sovrappongono. Giocano con me. Si burlano di me. Si chiariscono, si smentiscono, si contraddicono, e poi d'un colpo minacciano: raccontano per filo e per segno tutto quello che non siamo diventati. E poi di nuovo ci consolano, tolgono parte di quel dolore, dimenticano con noi. Ci danno ragione. Ho troppo tempo, qui, per ricordare".
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