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"Nulla posso cogliere perfettamente. La nostra condizione è da commiserare, siamo ciechi in piena luce": con queste parole Francisco Sanchez descriveva nel 1581 la condizione umana, e in particolare le sue (nulle) prestazioni epistemologiche, in un'opera (Che non si sa nulla) tanto celebre al suo tempo quanto negletta e ignorata al nostro. Montaigne, che aveva studiato prima di lui nello stesso collegio a Bordeaux, lo stimava e ne riprese le tematiche in un saggio dedicato a L'Esperienza; Gassendi lo considerava un antesignano della critica alla logica e alla gnoseologia aristoteliche; Descartes descrisse il proprio itinerario attraverso il dubbio e l'incertezza riecheggiando (nel Discorso e nella prima Meditazione) quella specie di autobiografia scettica che attraversa l'opera di Sanchez in forma di monologo. Bayle, alla fine del Seicento, gli dedicherà una piccola monografia nel suo Dizionario, assicurandogli così una celebrità anche in epoca illuministica, ma contribuendo al tempo stesso a fissarne un'immagine non fedele; lo descriverà infatti come un "gran pirroniano", inserendolo d'autorità nella corrente dello scetticismo secentesco che era iniziato con la pubblicazione degli scritti pirroniani raccolti da Sesto Empirico.
In realtà, come dimostra ampiamente Ettore Lojacono nella sua bella introduzione (La coscienza del nulla e la volontà di costruire un "nuovo" sapere), il giudizio bayliano appare doppiamente sbagliato: in primo luogo perché Sanchez aveva poca o nulla conoscenza di Sesto Empirico e in generale dello scetticismo pirroniano, tant'è vero che le sue fonti (Cicerone, Plutarco in primo luogo) si riferiscono semmai alla corrente "accademica"; in secondo luogo, perché l'intento di Sanchez era in realtà costruttivo e mirava a un nuovo ideale del sapere, anche se poi lasciava il lettore insoddisfatto proprio al momento di definirlo con precisione. Lojacono mostra che tutta la "pars destruens" del Quod nihil scitur dovrebbe essere letta piuttosto come una polemica rivolta in pari misura contro l'aristotelismo e il naturalismo magico del Rinascimento, dal punto di vista di un medico (Sanchez fu per ventisette anni professore alla Facoltà di medicina di Tolosa) impegnato a costruire una scienza "solida" sulle basi dell'esperienza e della "notizia sensibile" (donde il primato dell'intuizione diretta su ogni dimostrazione, evidente eredità del nominalismo tardo medievale). "Sanchez scrive Lojacono è forse il pensatore, lo scienziato che più intensamente di ogni altro suo contemporaneo ha espresso il disagio di vivere un un'età di transizione, nella quale i 'moderni' avvertivano la nullità di un sapere 'compiuto' con maggior sicurezza che non il delinearsi di tecniche della ragione in grado di rispondere efficacemente alle esigenze di un mondo che via via prendeva consapevolezza della forza dirompente delle nuove scoperte".
Proprio per mettere in luce quest'altra faccia del pensiero di Sanchez una faccia meno scettica e più coinvolta nel faticoso rinnovamento scientifico della cultura tardo-rinascimentale molto opportunamente questo volume comprende, oltre al testo latino e alla traduzione del Quod nihil scitur, anche altri scritti sancheziani più legati al suo insegnamento medico, come il commento al libro Sulla divinazione durante il sonno di Aristotele, il Libro sulla lunghezza e la brevità della vita, il commento alla Fisiognomica di Aristotele e la lettera al padre gesuita Cristoforo Clavio, famoso matematico dell'epoca, lettera in cui Sanchez si avventura in una disputa sul controverso statuto epistemologico delle matematiche, oltre al carme Sulla cometa. Infine, in appendice, si trovano degli estratti dalle Opere mediche che danno un'idea dei problemi di metodo affrontati nel corso del suo lavoro di professore di medicina. Su questi aspetti in particolare è incentrato il saggio di Claudio Buccolini (Sanchez filosofo), che mette in evidenza per così dire la "pars construens" già insita nell'attività scientifica dell'autore. "Rinunciando a pretese universali e assolute [come quelle della "scienza perfetta" attaccata nel Quod nihil scitur], Sanchez scrive Buccolini idefinisce lo statuto epistemologico della conoscenza a partire da una ragione depotenziata (non sillogistica) che opera mediante intuizioni fondate sul ripetersi delle esperienze e dell'uso, e stabilisce congetture prossime alla verità". Come si vede, Sanchez è troppo cauto e consapevole del valore, limitato ma reale, della conoscenza per sottoscrivere dogmatismi positivi o negativi che fossero.
Il volume ha dunque il merito non solo di rendere accessibile per la prima volta in italiano e in forma integrale il Quod nihil scitur, ma di accompagnarlo anche con altri scritti altrettanto importanti e sinora mai tradotti. Note di commento molto ampie e utilissime, biografia e bibliografia completano l'opera. Grazie all'accurato e appassionato lavoro di Lojacono e Buccolini assistiamo così alla resurrezione di un piccolo grande classico dimenticato. Entrambi sono specialisti di autori del Seicento (rispettivamente Descartes e Mersenne) che, pur combattendo lo scetticismo, ne conoscevano l'importanza e il valore. Gianni Paganini
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