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era un libro che puntavo da un po' (fregata, al solito, dal titolo -.-' ) e, non so perchè, ero convinta che fosse un romanzo. è ovvio ora che un romanzo non è.. è.. bo. una roba lunga 454 pagine. scritta da Filippo Timi (attore teatrale che non conoscevo) con il supporto di Albinati (che non so chi sia ^^ ) Timi racconta la sua infanzia, la sua adolescenza, la sua famiglia, la sua vita, il paesello e roma, il teatro e gli amici, i parenti e i ritrovi gay.. raccontaraccontaracconta.. ti fa una testa così (454 pagine, appunto) di racconti, aneddoti, siparietti... e anche se ti sfinisce, non ti stufa.. e anche se non porta da nessuna parte, non riesci a non rimanere incuriosito.. strano libro.. sfibrante ma bello
Crudo e bellissimo, si legge tutto d'un fiato. E poi si ricomincia.
Un diamante da fiera. Le sue sfaccettature hanno colori sguaiati e odori sgradevoli, forme cattivelle e spiritate. Il mondo di Filo non sta insieme. Scappa in qua e in là, per paura di finire in cornice, o forse solo per la fame. Rincorre desideri la cui soddisfazione conferma il disgusto provato a priori. La sua esistenza calza scarpe scomode ed esagerate, per poterne meglio consumare le suole. Perché Filo ama zoppicare, in mezzo al palcoscenico che continua a respingerlo dietro le quinte, per fargli indossare costumi sempre più imbarazzanti, eppure mai così brutti da chiudere il conto. Sbagliato, in fondo, è un po' come eterno: all'errore non c'è fondo, si può proseguire all'infinito, sorprendendosi della propria inesauribile capacità di essere incapaci, di oltrepassare i propri limiti cascando all'indietro. Il capitombolo è la più difficile delle acrobazie. Filo lo sa e se ne vanta. Il suo spettacolo è un'inabilità che sa reinventarsi in creativa irriverenza e si diverte a farsi lo sgambetto, perché, subito dopo, il passo diventa un precipitoso accenno di danza. Non c'è miglior modo per raccontarsi che aprire a ventaglio gli spazi intricati dei propri fallimenti, scoprendone le tinte da arlecchino, i contorsionismi da stelle del circo: la vita di Filo è una realtà che, da poveraccia, porta i lustrini come una diva, tanto da fare invidia alla più audace delle allucinazioni. Impossibile abbracciare la sua commovente voglia di eccessi, adorabile come una festa paesana, eppure inafferrabile, come una gran signora piena di impegni mondani. Non resta che vederla passare, imbellettata, impettita, ma in fondo triste e ubriaca, mentre passeggia lungo il corso per poi scomparire. Si lascia dietro una scia di profumi e ricordi, misti a rumori, applausi e risate. Una leggenda che, figlia dell'ombra, vuole continuare a brancolare nel cerchio di un occhio di bue. Sparando al massimo, in faccia a una platea di personaggi da fiaba, la luce impazzita e beffarda della sua cecità.
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