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Tu che eri ogni ragazza - Emanuela Cocco - copertina
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Tu che eri ogni ragazza - Emanuela Cocco - copertina

Descrizione


Dietro le nostre porte c'è la cosa temuta, che accade: noi non verremo risparmiati. Un uomo a cui hanno ucciso la figlia cerca qualcuno da salvare, attende un segno. Alla stazione di Roma Termini distribuisce monete: lo chiamano Gesù. Jungla è una quindicenne afasica, imponente e rabbiosa che è scappata di casa. Per tutta la vita le è sembrato di stare ferma dietro a una porta chiusa, ad aspettare che la facessero entrare. Ora entrare non le interessa più: chi vuole uscire deve vedersela con lei. Duca è una donna sola e prova vergogna: del suo nome rubato ai romanzi di Scerbanenco, del suo lavoro da educatrice, di ogni azione buona compiuta, del suo proposito di ritrovare la ragazza scomparsa. Una storia violenta. Un romanzo morale in cui tutto si gioca sulla linea mediana tra il dentro e il fuori, tra la durata e l'estinzione.
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Dettagli

2018
16 settembre 2018
160 p.
9788894334524

Valutazioni e recensioni

4/5
Recensioni: 4/5
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Mariaelena
Recensioni: 3/5

Una lettura molto più particolare di quanto mi aspettavo! L'originalità della storia è soprattutto nel suo impianto strutturale: tre binari narrativi attraversano le pagine sfiorandosi ripetutamente, ai quali si aggiunge un livello metanarrativo che vede due personaggi A e B sfidarsi in un macabro duello a colpi di storie tragiche per le quali invitano il lettore a "votare pietà". Le tre voci corrispondono inoltre a tre registri e stili diversi con i quali l'autrice abilmente gioca, creando un romanzo polifonico capace di indagare i sentimenti di un'umanità di disperati e derelitti. Scopriamo così la voce di un padre che, dopo l'omicidio della figlia, divorato dal senso di colpa per non essere riuscito a proteggerla, si trasforma in una sorta di "buon samaritano", un "Gesù" che distribuisce monetine alla stazione Termini di Roma, cercando nella beneficenza l'espiazione della sua colpa. Il dramma di quest'uomo si consuma nel passaggio tra un "dentro", uno spazio che lui credeva sicuro e un "fuori" minaccioso che la morte della figlia ha spalancato. Abbiamo poi Maria Concetta detta Jungla, una ragazza silenziosa, dal fisico possente che ha sempre vissuto tra solitudine e servizi sociali in una costante incapacità di esprimere i suoi sentimenti e di creare qualsiasi tipo di legame, il che fa di lei una reietta, un'eterna emarginata. Tra le due storie si inserisce quella di Duca, educatrice sociale che alle persone "difficili" è abituata, eppure soffre tremendamente per la sua incapacità di provare empatia, un reale interesse per coloro che deve aiutare. Devo dire che ho fatto fatica nei punti in cui la narrazione era molto frammentaria e mi faceva perdere il filo del discorso e credo sia una storia alla quale bisogna dare il tempo di attecchire dentro di noi. Una lettura sicuramente interessante che però mi ha creato qualche difficoltà e perplessità.

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Gennaro
Recensioni: 5/5

Un libro complesso in cui si intrecciano più storie. Stile fortemente evocativo, ogni immagine contiene più livelli di significato. Una breve opera sinfonica, che scoperchia le dinamiche della periferia romana, portando sulla pagina il dolore e le inquietudini umane. Ogni personaggio è visto da diversi punti di vista, raccontato a sua volta da altri personaggi. Mi ha colpito molto la scelta di inserire dei testi teatrali inframezzati alla narrazione.

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Alelwing
Recensioni: 4/5

Una delle sorprese più interessanti dello scorso anno. Anche solo il racconto a pagina 129 - 30 vale il prezzo del volume. Emanuela Cocco graffia, punge, sputa, scalpita e ferisce con la penna. Una piccola gemma incrostata di violenza, lucido sconforto e sofferto cinismo. Votate pietà! Ps. Questo libro non solo si legge ma si tocca con grande goduria. La carta è un piacere per i polpastrelli. Provare per credere! "Noi che rimaniamo, noi che veniamo dopo, dobbiamo fare i conti anche con questo. Gli oggetti ci sopravvivono e ci tradiscono, vivono con noi relazioni promiscue, mercenarie, abbiamo la sensazione che ci appartengano, costruiamo per loro una vita segreta che ci riguarda, ci proiettiamo insieme a loro in altri spazi, in altri momenti, siamo loro inutilmente fedeli, a volte crediamo di essere visti e riconosciuti da loro, figuriamo la loro permanenza oltre noi come una testimonianza di quello che siamo stati. Non è così: le cose ci ignorano."

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Recensioni

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Voce della critica

Libro complesso e complicato. Amarostico. Tu che eri ogni ragazza (160 pagine, 14 euro) di Emanuela Cocco, pubblicato da Wojtek Edizioni, lascia leggermente storditi. Un po’ disillusi, di certo frastornati. Cosa si può dire di quest’opera che puzza di vomito, piscio e umori corporali? Sembra di stare nel bel mezzo dei liquami sub-umani della stazione Termini di Roma, dove gli invisibili si muovono come zombie, illuminati dai neon delle vetrine e dai fari degli sbirri.

Un uomo che non si rassegna alla scomparsa della propria figlia, trasformatosi d’improvviso in un novello Gesù alla ricerca di un’anima da salvare. Una ragazza, Jungla, apatica e alienata, disadattata e taciturna. Duca, un’assistente sociale, sfigata e volenterosa. È tutto qui l’intreccio narrativo, in questo incontrarsi e scontrarsi di persone fragili, spaventate, “autistiche”. Tra le pagine di questo libricino c’è una quasi totale assenza di dialoghi, a suggerire quell’atmosfera arida, scarnificata che si ritrova in molti passaggi, dove i viaggi introspettivi hanno il sopravvento, dove l’intimo prevale sull’esteriore, la ricerca del senso sul senso stesso.

La lettura del romanzo di Cocco non è sempre facile, la comprensione a tratti vacilla, Roma – la città in cui la storia è ambientata – compare più come incubo che come presagio. Poi ci sono i giochi orrendi e virtuali di due pazzi, due schizzati che incitano il loro pubblico a votare le situazioni più pietose. Insomma: un gran casino. Non se ne esce granché bene da questo libro che confonde e irretisce, stomaca e a volte annoia. Ma poi riparte, si riprende, si rimette in moto, parlandoci di quell’umanità che non sempre comprendiamo, che talvolta evitiamo, che troppo spesso ci assomiglia.

Recensione di Alessandro Orofino

 

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