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recensione di Gil, J., L'Indice 1998, n. 2
Lo studio di Prosperi, suggestivo, parte da una constatazione evidente: la formidabile influenza esercitata sulla storia italiana dalla Chiesa cattolica. Con ottime argomentazioni, Prosperi si lancia nell'analisi dell'intreccio che ha reso possibile questa sorta di monopolio spirituale: prima di tutto l'Inquisizione, come strumento punitivo di ogni trasgressione alla norma ortodossa; in secondo luogo la confessione, che permette di controllare, nonché di manipolare a piacere, la coscienza dei fedeli; in ultima analisi le missioni, tanto in paesi lontani, quanto in zone "irredente" della stessa Europa. Intorno a questi tre motivi portanti e alla loro evoluzione storica, si sviluppa il libro di Prosperi.
Due sono le questioni da sottolineare. La prima fa riferimento a un problema che a suo tempo viziò le relazioni all'interno della comunità cristiana e che oggi, secolarizzato, scuote le fondamenta della vecchia Europa: il nazionalismo. Di fatto l'Inquisizione instaurata dai re cattolici fu un'istituzione nazionale spagnola, nel senso che ai cristiani accusati di eresia fu proibito appellarsi a Roma; pertanto il controllo religioso si convertì automaticamente in un potere politico.
Sembra ovvio che il papato abbia poi voluto instaurare in Italia il medesimo sistema per perseguire gli stessi fini, dato che la cattedra di San Pietro fu abitualmente occupata da membri di illustri famiglie italiane. Serva come controprova, in tempi successivi, il colpo inferto dal pontificato alla Compagnia di Gesù, quando interruppe la serie di generali spagnoli con l'elezione del belga Mercurion e, successivamente, con quella di Claudio Acquaviva, provocando una rottura politica che implicò uno scisma spirituale di dimensioni incalcolabili. L'Inquisizione, in definitiva, affermava di vegliare per la purezza spirituale di tutta la Chiesa, ma allo stesso tempo difendeva interessi prettamente nazionali: di qui il sottilissimo gioco di ricami che fu necessario fare in terra italiana quando si tentò di introdurre l'Inquisizione nell'impero austriaco, nei domini pontifici e nelle repubbliche indipendenti. L'impossibilità di istituire un'Inquisizione uguale per tutti, cosa che fu causa di un ulteriore frazionamento della cristianità unica in molteplici cristianità, credo meriti un'attenta riflessione soprattutto adesso che l'Europa, dopo aver smantellato tutti gli imperi che si costituirono allo stesso tempo dell'Inquisizione, proclama con entusiasmo di essere completamente immersa nel processo inverso, cioè quello di superamento delle barriere nazionali.
Seconda questione. La Chiesa cattolica, per mantenere la sua egemonia, si basò ovviamente su metodi coercitivi, proponendo tuttavia al tempo stesso ideali positivi. Di tutti, il più affascinante, ma non l'unico, fu forse quello missionario. Peraltro era impossibile che tutti i fedeli se la sentissero di andare in giro per il mondo a catechizzare popoli lontani e, dunque, era necessario anche conferire dignità al ruolo del cristiano medio, dotandolo di un contenuto esemplare regolato su norme vecchie e nuove.
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