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Dopo i fasti del primo album “Title” e la tiepida accoglienza del successivo “Thank You”, Meghan Trainor torna con il suo terzo lavoro, “TREAT MYSELF”, pubblicato dopo vari rinvii (la sua uscita era inizialmente prevista nell’agosto 2018, ma Meghan lo ha riscritto interamente per 2 volte). Questa lunga attesa non ha affatto aiutato l’album, in quanto è evidente di come sia il lavoro meno riuscito ed interessante della cantante; Meghan, infatti, non riesce a trovare un filo conduttore che leghi tra loro le 15 tracce presenti. “Wave” è un pezzo dallo stile electropop (finora inedito per la cantante) che non convince appieno, stesso discorso per “Genetics” – che comunque risulta più gradevole, avvicinandosi maggiormente allo stile classico della cantante; occasioni sprecate sono senza dubbio il pezzo in collaborazione con le Pussycat Dolls ma soprattutto “Nice to meet Ya”, dallo stile hip-pop magnetico, in collaborazione con Nicki Minaj (avendo già dato prova delle sue capacità In “Title”, questa sarebbe potuta essere la volta giusta per Meghan di affermare le sue doti nel rapping, eseguendo ella stessa la parte rappata); l’unica traccia del suo inconfondibile stile doo-wop resta in “No Excuses”, l’unico pezzo “salvato” dalla prima riscrittura. Meghan è riuscita a dare il meglio di se nella ballad, nelle quali non si era ancora cimentata del tutto: “Workin’ on it”, “Ashes” e “After You” sono pezzi davvero ben riusciti e a tratti emozionanti (specialmente il primo, che parla di auto accettazione ed autostima); peccato che siano gli unici 3 pezzi davvero degni di nota, che però cozzano con lo stile generale del progetto. Purtroppo, nel complesso, “TREAT MYSELF” è un album da bocciare, che non riesce a brillare come i suoi predecessori, soprattutto a causa della mancanza di un concept che leghi tra loro i brani. Speriamo che Meghan in futuro riesca a ritrovare un po’ del suo splendore originale, perché un’artista come lei merita di splendere di luce propria.
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