Indice
Le prime frasi del romanzo
Un altro attacco investe la sua già provata resistenza. Si acciglia quando prova a voltarsi su un fianco. Il respiro profondo che emette è simile a un rantolo. Si tocca sorpreso il costato, dove sente dolore, nel vano tentativo di scacciarlo. Tossisce forte dopo aver raschiato la gola. Il grumo denso che sputa ai piedi del letto non lo conforta. Le sigarette di una vita stanno presentando il conto.
‒ Fanculo! ‒ reclama, cercando di tirarsi su.
Le forze gli sono venute a mancare da alcuni mesi, una progressiva e neanche tanto lenta debilitazione lo costringe a sempre più frequenti e lunghe tirate a letto. Riprova appoggiandosi sul gomito destro, ma il movimento rinfocola il dolore al costato. Espettora di nuovo catarro contro l’idea della vecchiaia, contro la condizione della vecchiaia. La piaga sul gomito destro risveglia ogni nervo ipersensibile. Non può fare a meno di lanciare una bestemmia sonora.
‒ Questa non te la perdono ‒ dice rivolgendosi a Dio.
Decide di concentrare lo sforzo e di ignorare i messaggi di allarme che il corpo gli sta inviando: dopo qualche smorfia di disgusto, riesce finalmente a mettersi seduto.
‒ Sembra difficile anche respirare.
Con i piedi perlustra il pavimento alla ricerca delle ciabatte, ne trova una e la infila. Prima di preoccuparsi dell’altra, si passa una mano sulla barba ispida: è vero, è giorno di rasoio.
Da fuori arrivano i rumori del mercato settimanale, con la poca gente rimasta che si accalca ai banchi improvvisati e i venditori, sempre di meno e sempre più inaffidabili, che mostrano le loro mercanzie. Ha sincronizzato il taglio settimanale della barba con il mercato, in modo da non dimenticarselo. Ma se anche se lo dimenticasse…
Senza pensarci, infila la seconda ciabatta. Ora gli rimane lo sforzo principale, mettersi in piedi. A questo deve dedicare molta concentrazione, una mossa sbagliata e… È solito contare fino a tre per darsi un tempo, una scadenza da rispettare, anche se, non di rado, allo scoccare del tre non è pronto e allora bara un po’ sul ritmo, oppure torna indietro scalando verso lo zero, anche se lo zero non gli piace. Una questione personale, scaramantica, che non ama divulgare alla piazza.
Il tre lo trova decisamente impreparato, mentalmente non ha condiviso quel conteggio, è partito in maniera automatica, senza il suo convinto benestare. Azzera tutto e prova a concentrarsi per bene. Il rumore di una marmitta fuori uso gli fa perdere la concentrazione, si trova a vagare nella landa del nulla dove spesso cerca rifugio. È un vuoto che gli si spalanca dentro, un’assenza, uno straniamento da se stesso. E siccome non gli dà fastidio perdersi in quel territorio particolare, si lascia trasportare in quell’inerzia.
‒ Brooke! ‒ urla spazientito. ‒ Brooke, dove ti sei cacciata, maledetta bestia?
Non ce la fa proprio a tirarsi su, sembra che i muscoli delle gambe si siano irreversibilmente atrofizzati.
‒ Brooke ‒ piagnucola in modo umiliante. ‒ Traditrice che non sei altro!
Sbatte un pugno sul materasso sollevando una compatta nuvola di polvere. Brooke è una bastardina rachitica che sta con lui da venti anni, anno più anno meno. Aveva provato a sistemarla diverse volte, ma una volta lo sguardo, un’altra volta il guaito l’avevano costretto a desistere.
Hai i giorni contati, aveva sentenziato l’ultima volta, e da quel giorno erano trascorsi altri due anni. Gli è capitato di affezionarsi a quella cagnetta, anche perché è rimasta l’unico essere vivente disposto a concedergli ancora un po’ di compagnia.