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Anno edizione: 1999
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Questo romanzo che Bove scrisse nel 1945, poco prima di morire, e che da noi è stato pubblicato solo cinquant'anni dopo, con traduzione e postfazione di Carlo Alberto Bonadies, racconta - in una sospesa atmosfera kafkiana - le vicende allucinate, contorte e indecifrabili di un irrealizzato e pavido giornalista francese, Joseph Bridet, che nel settembre del 1940, dopo alcuni ondeggiamenti ideologici, si scopre oppositore del Maresciallo Petain e della Francia occupata dai nazisti, e cerca un suo personale riscatto e una più dignitosa via di scampo esistenziale nell'adesione al programma di De Gaulle. Tenta quindi di espatriare dall'Inghilterra, per raggiungere di lì il Nord Africa: e ricorre, in questo suo delirante disegno di salvezza, all'aiuto di vecchie conoscenze in realtà inserite politicamente in sordidi giochi di potere, ambizioni frustrate, tradimenti personali e corruzione morale. Irretito inoltre nelle spire di un matrimonio sull'orlo del fallimento, Bridet subisce senza opporre alcuna resistenza l'ingenuità inconcludente della moglie Yolande, sprovveduta preda di avvenimenti più grandi di lei: in un attivismo frenetico, la giovane donna tenta vanamente di salvare il marito dagli arresti e dai processi che si susseguono inspiegabilmente, alternandosi a insperate assoluzioni e a a repentini rilasci, fino all'accusa finale di sovversione e alla tragica condanna. "La trappola" non è un thriller, e nemmeno un pamphlet politico e di denuncia: la narrazione si muove lenta seguendo i passi del protagonista (inizialmente ignari, poi sempre più affannati e angosciati) nei meandri di una burocrazia ottusa e corrotta, tra funzionari incapaci e sadici, poliziotti violenti e ottusi, amicizie rinnegate e una società civile resa egoista, indifferente e sospettosa dal clima bellico. "Preso in una morsa che si stringeva implacabilmente", Bridet va incontro all' esecuzione con la dignità e il coraggio che non era riuscito ad avere in tutta la vita.
...ogni libro di Bove, in un modo o nell'altro finisce che ti coinvolge...
Libro diverso dagli altri romanzi e racconti boviani. La narrazione è fredda, priva delle sfumature e della caratterisca microscrittura del narratore francese. Non credo che l'insuccessod del libro dopo la prima pubblicazione sia riconducibile a contingenze e umori postbellici del pubblico francese. A Bove è mancata la scelta giusta del personaggio. forse per restare troppo fedele al suo mondo di vinti e deboli protagonisti, egli sceglie uno stupido da porre al centro del romanzo. Ne viene fuori non solo per questo una storia imperfetta che il narratore avrebbe potuto condurre meglio soffermandosi sulle debolezze del suo popolo, sulla viltà umana, sull'assenza di eroi, su un vasto sottomondo che sarebbe potuto divenire l'oggetto delle miniature boviane. ne è venuto fuori un romanzo senza dettagli, scorrevole come un testo di simenon o altri testi di bove, ma molto al di sotto della sua grande scrittura che è principalmente capacità stilistica, miniatura. è un libro cui le associazioni dell'editore e altri nobili commentatori con kafka e dostoeivskij fanno più male che bene, poiché bove è altra cosa e in questo caso più che mai.
Recensioni
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scheda di Bigliosi, C. L'Indice del 2000, n. 02
Continua la pubblicazione italiana, per i tipi del melangolo, dell'opera di Emmanuel Bove, riscoperta dopo anni di oblio anche in Francia. Esponente di una letteratura della solitudine estrema, dove l'individuo è rappresentato costantemente in una totale e desertica mortificazione e impotenza, Bove cercò fin dalla giovinezza di farsi scrittore "puro" e conobbe i suoi primi successi editoriali grazie a Colette, notissima nel mondo editoriale del periodo, che, dopo aver letto il racconto Henri Duchemin (1922), ne promosse la pubblicazione presso Ferenczi, dove la scrittrice dirigeva una collana e dove, nel 1924, pubblicò anche il meraviglioso Mes Amis (Feltrinelli, 1991). Suo penultimo romanzo e pubblicato postumo, La trappola (1945) non incontrò alcun tipo di successo nella Francia liberata: la ricostruzione scrupolosissima di sordida complicità e ambiguità del periodo dell'occupazione e del governo di Vichy, se pur sotto forma di poliziesco, non riuscì ad attrarre l'attenzione nei francesi invece galvanizzati dalla vittoria. L'ambiguità del protagonista, vittima senza colpa, se non quella di essere indeciso, e la grande abilità di Bove per il dettaglio che arabesca le pagine in modo quasi allucinatorio costruiscono una tragedia esistenziale le cui atmosfere sono inquietantemente vicine a quelle di Kafka e Dostoevskij.
Cinzia Bigliosi
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