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Storia eccezionale: ecco, da questo romanzo non aspettatevi narrativa tradizionale o trame a orologeria; é una corsa contro il tempo, é un calarsi nella violenza, una violenza continua e direi nata e cresciuta insieme all'uomo. Di uomini si parla, ma soprattutto di corpi: corpi migranti e corpi in fuga, come quello di Wu Tse, che cerca di scappare da un regime totalitario e - come in certi cartoni animati giapponesi - sembra sempre cadere in una disgrazia o un pericolo peggiore del precedente. Migrante, quindi criminale e impossibilitato a fermarsi. Hak é un autore ceco/francese, scrive in quest'ultima lingua ed é abbastanza discusso, proprio per il suo essere così profondamente anti-tradizionale, nei temi e nello stile.É fondamentalmente scrittore di guerra e (termine che ricorre in questa recensione, ma é inevitabile) di violenza. Violenza continua. Lotta del lettore con i suoi nervi. Con queste due frasi nominali qua sopra vi ho dato un esempio del suo stile, dove questo tipo di accorgimento viene usato quasi per aprire e chiudere le singole scene, come un attimo di calma apparente prima di rimettersi a correre. Il romanzo é un po'azione, un po'parabola, un po'allegoria: l'allegoria di un mondo nel quale i corpi valgono soprattutto in quanto merce, per la loro forza lavoro, unità di produzione e nel quale é impossibile un reale riscatto e se é possibile amare, il sentimento va rimosso subito, perché é destinato a creare ancora più sofferenza, come un piacere che va gustato una volta sola, prima che si guasti, sopraffatto dalla necessitá di sopravvivere e dall'obbligo di fare qualsiasi cosa, sacrificare qualsiasi sentimento o morale, per raggiungere questo scopo - destinato peraltro a non produrre alcun premio. In questo e in altre caratteristiche, in primis per essere una storia che non si legge tutti i giorni, Trans e Hak mi hanno ricordato l'ungherese Krasznahorka
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