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scheda di Meliga, W., L'Indice 1993, n. 9
La combinazione delle due categorie classiche di 'tragico' e di 'sublime'- già greche, poi rinascimental-classicistica la prima, neoclassico-romantica la seconda - con la letteratura medievale può lasciare sconcertati. Non bisogna tuttavia farsi prendere dal nominalismo critico, giacché tragico e sublime sono qui assunti empiricamente come concetti riassuntivi di due situazioni umane e letterarie opposte: il tormento dell'uomo in conflitto con il mondo o sottoposto alla sventura e la sua esaltazione di fronte a una grandezza che lo trascende. La presenza di queste situazioni in un ampio settore della letteratura medievale è l'oggetto del libro di Piero Boitani. Certo, per l'uomo del medioevo i due concetti avevano significati diversi e limitati rispetto a oggi: la tragedia era una categoria stilistico-retorica prima che narrativa e il sublime aveva molto probabilmente perduto il senso patetico ed entusiastico che lo pseudo-Longino gli aveva dato. La scelta di termini così impegnativi non è comunque da criticare, giacché, se il carattere del tragico moderno è la riduzione del conflitto a dramma interiore, i saggi sulla vicenda di Ugolino (in Dante e in Chaucer) e sull'angoscia amorosa (in Petrarca e in Chaucer) mostrano come questo trasferimento sia iniziato; d'altra parte, se il sublime si misura soprattutto su fatti espressivi, il "Paradiso" di Dante, studiato negli ultimi due capitoli del libro, dà spesso prova di un'estatica tensione espressiva. Lo scopo di Boitani è in ultima analisi il confronto fra i testi e il lettore attuale, e in sostanza la sperimentazione dell'alterità del medioevo e della sua possibilità di parlarci ancora in termini comprensibili. In questa direzione, gli aspetti principali che fondano l'indagine sono la dimensione storica e quella comparativa. Infatti, l'ovvia necessità di conoscere antecedenti e contesto di temi e immagini diventa irrinunciabile per il medioevo, epoca di forte presenza della tradizione - classica e cristiana - e ad alto livello di intertestualità; non manca nemmeno qualche puntata in avanti, fra i moderni poeti del tragico e del trascendente. Che tutto questo comporti una certa dose di ingenuità - come riconosce l'autore stesso - non è necessariamente uno svantaggio nell'ambiente così ripetitivo della critica. Piuttosto si può osservare che il libro non si estende su tutto l'arco temporale della letteratura medievale, ma resta costretto entro i limiti del Trecento e centrato sulle figure di Dante e Chaucer. Prima di loro tuttavia, tragedia e sublime avevano già imboccato la strada della modernità, con l'epica francese, con i trovatori, con i romanzi di Tristano e della Tavola Rotonda, che non sarebbe male vedere prima o poi trattati da Boitani in altri capitoli da far precedere a questi.
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