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Certamente il generale Enno Donà, uno dei superstiti della campagna di Russia, riuscito a sopravvivere alla disastrosa ritirata, di storie di vita ne aveva da raccontare, tanto più che dopo l’8 settembre 1943 passò alla Resistenza, con compiti di tutto rilievo, in un ambito territoriale forse più difficile che altrove. Infatti, dopo l’armistizio, sia la provincia di Bolzano che quella di Trento furono annessi alla Germania nazista con il nome di Alpenvorland e con gauleiter Franz Hofer; questo governatore nazista, consapevole della negativa esperienza della dura occupazione fascista della zona dopo la Grande Guerra, concesse una parvenza di autonomia, mettendo fuori dai confini tutte le organizzazioni fasciste, scegliendo degli amministratori moderati, non certamente favorevoli a Mussolini, e non obbligando gli abitanti a fare il servizio militare, purché fossero disposti a essere arruolati nella polizia o nella Todt. Nonostante questi benefici, in verità modesti, anche in quelle zone si manifestò la Resistenza, frenata però dalla presenza massiccia, specie nelle valli, della Gestapo e delle SS. Le uniche zone che più si prestavano all’effettiva attività partigiana risultarono quelle al confine con il Veneto, quegli altipiani ai quali veniva in soccorso, almeno per quanto concerne i gruppi montuosi più alti, la morfologia del territorio. Della Resistenza in Trentino, soprattutto per quanto concerne l’alto Garda, gli altipiani di Folgaria e Lavarone, il gruppo del Pasubio, parla con questo libro appunto Enno Donà. Il tutto con dovizia di particolari, in ordine alle azioni svolte e anche la feroce repressione, che spesso tagliava la testa alle formazioni resistenziali. Donà ha un buon stile, descrive senza tanto sbilanciarsi, attenendosi molto ai fatti e fornendo interpretazioni con moderazione.
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