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Da ammiratore di Rebora, purtroppo molto spesso dimenticato nei programmi di letteratura a scuola, non posso che consigliare la lettura di alcune delle sue migliori poesie e di semisconosciute prose liriche. Tutti i brani sono ottimamente commentati facilitandone la comprensione.
Questa buona antologia commentata valorizza gli scritti sulla guerra di Clemente Rebora, poeta tuttora escluso o misconosciuto nelle aule scolastiche, che nel panorama degli scrittori italiani coevi ha prodotto la critica più radicale alla prima guerra mondiale. Negli ultimi decenni autorevoli storici, contrastando la retorica degli anniversari, ci hanno descritto quella guerra come il primo massacro tecnologico che ha sconvolto la percezione della realtà sociale e fisica, organizzato come un mattatoio industriale, sfruttato dalle classi dirigenti per reprimere il dissenso e imporre regimi autoritari; Rebora, tutto questo, lo aveva già scritto cent’anni fa, con uno stile che introietta la violenza bellica disumanizzante e che fa saltare i confini fra prosa e poesia, perché la materia esplosiva di quella guerra non poteva e non doveva essere ammansita da un’espressione in qualche modo conciliatoria. Inferno senza alcuna giustizia che possa darle senso, dalla guerra non viene redenzione ma testimonianza di una realtà deflagrata a cui nemmeno la letteratura o l’amore possono porre rimedio. A distanza di un secolo, ci scuote con la sua forza d’espressione questa disperata protesta contro una modernità che deve tuttora fare i conti con il suo rovescio oscuro: come scrive Rebora stesso, «pratica cruenta della nostra disumanità», «forza brutale sotto apparenza civile e santificata di giustificazioni elevate».
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