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Forse nessun angolo di provincia ha avuto tanti e così grandi poeti (poeti in prosa più che in verso) come lo shtettel, il borgo o la cittadina ebraica galiziana, una qualunque delle innumerevoli cittadine in cui, fino alla strage nazista, si e svolta la povera, avventurosa e pittoresca vita degli ebrei tra la Germania e la Russia. Da Salomon Maimon a Isaac L. Peretz, , da Shalom Aleichem a Scholem Asch, dagli scrittori praghesi a Isaak Babel', una grande pagina della letteratura ebraica e yiddish è stata scritta su questo singolare, incantevole, unico e mai estinto paesaggio di piccole vecchie sinagoghe, di mercati e di vagabondi. Shemuel Y.Agnon, uno degli ultimi se non davvero l'ultimo narratore che possa fondere nelle proprie pagine l'autobiografia, la favola e il ricordo di questo mondo, ne è anche il piu' grande e ricco interprete. Il suo romanzo è veramente una breve e intensa odissea del ghetto galiziano che, per la smorzata tragicita dei personaggi e per la singolarita di una prosa di incomparabile suggestione, puo' stare soltanto a fianco di Isaak Babel'. Un capolavoro.
Con la traduzione degli anni '20, il romanzo, da alcuni considerato il capolavoro del premio Nobel, ha ancor di più i tratti del racconto sullo sthlet, il famoso villaggio yddish, sparito completamente dopo la barbarie nazista. Ricorda anche capolavori di altri scrittori, come Singer. Grande protagonista, timorato di Dio, è Menasceh Hajim, sfortunato abitante di questo paesino in pieno periodo asburgico: quando le cose gli vanno talmente male, intraprende un viaggio di 5 anni per recuperare denaro per riprendere la vecchia attività. Ma andrà incontro a svariate situazioni non favorevoli. Da leggere ben sapendo che si parla di un mondo che non esiste più.
Una parabola poco edificante e con una morale non scontata. In mezzo a tanta "letteratura da supermercato", una lettura d'altri tempi. Valido.
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