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Liberale, redattore del "Corriere della sera" nella prima metà degli anni venti, tra i fondatori di Giustizia e libertà nel '29 a Parigi, animatore della Mazzini Society a New York nel '40, esponente di spicco del Partito d'azione nel '44, ministro dei Lavori pubblici nel secondo governo Badoglio, Tarchiani apparve nel '45, per il suo impegno antifascista e nel contempo per la sua fede liberale, come l'uomo più adatto a ricoprire l'incarico di ambasciatore italiano negli Stati Uniti. Autore di due lavori dedicati alla propria esperienza diplomatica, uno del '47 e uno del '55, egli lasciò inedito un diario del 1954, ovvero del suo ultimo anno a Washington, cui diede il titolo Tormenti di un ambasciatore. Si tratta di un documento interessante per la ricostruzione dei rapporti tra Stati Uniti e Italia in quella fase delicata della guerra fredda. La società americana stava affrontando, infatti, il maccartismo, e rappresentativa di quell'atmosfera politica era stata, per molti versi, anche la nomina di Clare Boothe Luce come ambasciatrice a Roma. Luce era un'esponente politica ultraconservatrice (non a caso nel '64 avrebbe sostenuto la candidatura alla Casa Bianca di Barry Goldwater, da molti considerato pioniere della destra repubblicana giunta poi al potere con Reagan), e in questa prospettiva giudicava l'Italia un partner poco affidabile, a causa della forte presenza comunista, suggerendo, pertanto, di bloccare gli aiuti economici americani. Tarchiani, come emerge dalle molte osservazioni sull'ambasciatrice contenute nel diario, vide in quella strategia il rischio di un'intensificazione e non di un indebolimento del comunismo. In generale, dunque, i suoi "tormenti" furono emblematici del modo in cui i dirigenti politici italiani vissero l'amicizia con gli Stati Uniti, asimmetrica e mai del tutto cristallina.
Giovanni Borgognone
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