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Un incontro in pericolo di morte, come quello dell’aviatore con il piccolo principe. E subito nasce l’intesa, l’“addomesticamento” tra i due, e il desiderio di non lasciarsi. Ma, “non posso portarti con me, il mio pianeta è troppo piccolo” dirà il piccolo principe; e “non è ora, per la tua clessidra, di perdere l’ultimo granello”, direbbe Occhiblu. Ci si lascia allora, ma avendo compiuto un percorso insieme. I personaggi incontrati, le esperienze vissute assumono quasi aspetto di parabola, ma sono pretesto per considerazioni, mai prediche; conducono a riflettere, a guardare nel modo giusto la vita, gli affetti, i comportamenti umani. Alla fine si torna a rivedere le stelle, in un modo nuovo, eppure antico. Anche la morte non è più addio definitivo, ci si dà appuntamento. Comunque, nell’acqua e nelle stelle lasciamo la nostra traccia, restiamo sospesi e presenti “finché gli altri ci pensano” , direbbe Tom. La morte non è qui certo la “nostra sorella” francescana, ma è ugualmente una “sorellina”, presentata senza angosce, sottovoce e con serenità. E’ naturale, inevitabilmente giusta, quando la nostra clessidra finirà di far capriole. Che sia la clessidra di un bambino o di una nonna, è accettata e compresa come passaggio da una dimensione provvisoria, se pur piacevole, ad una definitiva, della quale si possono solo immaginare, ma non mettere in dubbio, le più profonde gioie. Come Saint-Exupéry, anche Albertazzi ha creduto di scrivere un libro per bambini. Ma sono gli adulti, più dei piccoli, ad aver bisogno di opere così, per recuperare una visione infantile, per capire il mondo nel modo più giusto. E’ lo spirito dell’infanzia che ritroviamo, leggendo. L’Autore, che ne dispone a piene mani, generosamente, ce ne fa dono. Grazie. Franca De Sio
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