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Curato con minuzioso scrupolo filologico da Chiara Daniele segretaria dell'Edizione nazionale delle opere di Gramsci e già segnalatasi per altre preziose edizioni critiche di carteggi gramsciani il volume illustra attraverso 165 documenti per lo più inediti la storia della pubblicazione in Italia delle opere di quel cervello che il pubblico ministero presso il tribunale speciale Isgrò aveva auspicato – evidentemente con scarsa fortuna – dovesse cessare di funzionare per vent'anni.
La storia dell'eredità letteraria di Gramsci come nell'ambiente del Comintern si cominciò a chiamare subito dopo la sua morte il corpo dei suoi scritti è una storia appassionante e non priva soprattutto all'inizio di contrasti drammatici. Su quell'eredità come in parte Giuseppe Vacca autore di una densa e utilissima introduzione al volume aveva già documentato si aprì a Mosca fra il 1937 e il 1941 una dura battaglia: la moglie di Gramsci e le sue sorelle (soprattutto Tatiana Schucht che si era convinta sulla base dei sospetti di Antonio che Togliatti fosse corresponsabile della lettera famigerata di Grieco del 1928 e che avesse sabotato i tentativi di arrivare alla liberazione del prigioniero attraverso uno scambio) si adoperarono per affidare la pubblicazione dei quaderni a una commissione internazionale composta da membri dei partiti fratelli compresi compagni del partito comunista panrusso boslcevico. Viene qualche brivido lungo la schiena a pensare che le cose sarebbero anche potute andare così visto che la campagna di discredito contro Togliatti a cui le sorelle Schucht avevano offerto l'esca portò ad aprire un'inchiesta a suo carico e nel 1941 a escluderlo temporaneamente dalle decisioni politiche più riservate del segretariato del Comintern. Chissà come sarebbero stati i Quaderni editi da Vincenzo Bianco Stella Blagoeva e magari Zdanov.
Il tempo e le vicende della politica contribuirono però forse ad attutire gli effetti dell'aspro contrasto fra Ercoli e gli Schucht: tanto che nel maggio 1962 stanca e malata Giulia (la vedova di Gramsci) in una lettera a Togliatti un po' ingessata nel suo stile sovietico ma non priva di note autentiche di sentimento ringraziava per la pubblicazione su Rinascita di alcune lettere di Antonio a lei indirizzate prima dell'arresto e si diceva commossa per il Suo caro saluto dall'Italia.
Nei terribili anni del sospetto comunque la determinazione e il gelido autocontrollo di Togliatti – insieme alla sua capacità di manovra – ebbero la meglio e alla fine terminata la guerra le lettere e i quaderni furono consegnati al partito italiano. Il piano della pubblicazione delle opere gramsciane fu messo a punto con grande attenzione da Togliatti stesso il quale ne delegò l'esecuzione a compagni di sua stretta fiducia ma non cessò per un solo momento di sovrintendere da vicino ai suoi criteri. Importantissima fin dal 1937 fu la funzione di Piero Sraffa con il quale Togliatti si consigliò in continuazione. Fondamentale fu poi naturalmente il supporto della casa editrice Einaudi e non solo per gli aspetti tecnici come molte lettere di Giulio Einaudi e dei suoi collaboratori (di grande interesse quella di Giulio Bollati a Fabrizio Onofri del 7 maggio 1951) testimoniano ampiamente. Ma Einaudi non fu l'unico referente di Togliatti che giocò le sue carte anche con Mondadori e soprattutto con Feltrinelli nei cui Annali avrebbe pubblicato – mosso anche dall'intento di ricucire lo strappo che si era aperto con l'uscita presso la casa editrice milanese del Dottor Zivago – il carteggio sulla formazione del gruppo dirigente del Pci.
Accanto a questi aspetti di politica culturale del Pci affiorano tra le righe della vasta documentazione particolari curiosi e anche divertenti come per esempio il fatto che Felice Platone primo curatore delle opere di Gramsci per Einaudi non si fosse accorto fino alla vigilia dell'uscita della prima edizione delle Lettere che il più celebre logo editoriale italiano rappresentava uno struzzo e non una cicogna; o che Togliatti dovette mettere in chiaro che l'assegnazione del premio Viareggio alle Lettere stesse non avrebbe costituito come temeva qualche compagno un disonore per Gramsci.
Nell'attentissima regia che Togliatti mise in atto nell'edizione di Gramsci non mancarono certo aspetti censori ma – e questa documentazione sembra confermarlo – non furono né prevalenti né soprattutto con il passare del tempo tali da deformare in modo sostanziale il pensiero gramsciano. La scelta dell'edizione tematica dei Quaderni – pur ritenuta necessaria per renderli accessibili ai lettori – non escluse che fin dall'inizio si pensasse anche a un'edizione cronologica e critica che Togliatti stesso caldeggiò con vigore.
Aldo Agosti
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