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Tiro al piccione - Giose Rimanelli - copertina
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Tiro al piccione - Giose Rimanelli - copertina

Descrizione


Uno dei più tragici, violenti, sofferti romanzi del secondo Novecento che torna, finalmente, dopo distorsioni politiche e ostracismi culturali, con la sua grande forza di opera letteraria.

Siamo nel 1943, Marco Laudato, alter ego dell’autore, abbandona il seminario e torna al paese molisano di origine dove anni di conflitto hanno lasciato solo povertà e un senso di monotona inutilità quotidiana. I camion tedeschi che risalgono la penisola sono l’unica via di fuga verso qualcosa di nuovo, proprio quello che cerca un ragazzo di diciassette anni. Marco, senza avere alcuna coscienza politica, si ritrova in mezzo alla guerra civile che imperversa nell’Italia del Nord. È preso prigioniero prima dai tedeschi e poi dai fascisti, e finisce per arruolarsi nella Rsi per aver salva la vita. La crudeltà e la violenza della trincea, il disprezzo degli uomini, l’insensatezza dei combattimenti, persino l’incontro con il sergente Elia, strenuo sostenitore della difesa della patria, segnano il suo fermo rifiuto della guerra. Fugge quindi da un treno che lo avrebbe portato prigioniero degli americani in Africa. E ritorna al suo paese, ancora una volta. Marco è turbato dalla ferocia che ha vissuto, ma adesso è consapevole che la fedeltà agli ideali di patria e libertà non può coincidere con la brutalità delle armi.

Tiro al piccione, riconoscono i lettori più avveduti, è un grande romanzo di guerra come possono esserlo Addio alle armi di Hemingway e Il partigiano Johnny di Fenoglio. E, come scrive Anna Maria Milone nella postfazione, l’importanza di proporne oggi una nuova lettura «sta nel valore che hanno l’indipendenza del pensiero e la libertà dai luoghi comuni».

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Dettagli

2022
24 febbraio 2022
320 p., Brossura
9788849869071

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Hyeronimus52
Recensioni: 4/5

Bel romanzo autobiografico narra le vicende di un ragazzo molisano, che preso dall'uggia di una vita di paese senza sale, salta su una camionetta di soldati tedeschi in ritirata dopo lo sbarco alleato in sicilia e finisce per essere arruolato nelle file della repubblica sociale a combattere contro i suoi coetanei partigiani. In questa nuova vita di lotta fratricida condita da un amore senza futuro per una non più giovane ausiliaria e dalle inutili morti dei suoi camerati, Marco, il protagonista, riconosce i suoi errori e ritrova se stesso con il ritorno alla sua terra natia

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Toppi Alessandro
Recensioni: 4/5

Vecchie case di pietra annerita, smangiate dal tempo, bussate dal vento. Vecchie case tra vicoli stretti, piegati tortuosi, privati del sole. Vecchie case di verdi finestre, di piante e di fiori, di bucato da stendere. Vecchie case e poc'altro: una madre stanca a trentanni, un padre che spira rancore, un amore mangiato dall'ombra. E l'ossessione di volerne fuggire: "Io me ne sto dietro la finestra io me ne fotto di voi io me ne fotto di tutti senti io penso che andrò via che da qui andrò via penso sempre che da qui andrò via". Tutto d'un fiato. Correre a gambe spossate, testa abbassata, occhi serrati. Correre nell'ombra, nel buio,nel nero. Correre dalla parte sbagliata. "Qualche volta mi domando perchè sono finito in guerra. Ho cercato, può darsi, tutte le avventure, anche le più disoneste, meno però di finire in guerra. Ed ecco che vi sono entrato fino al collo, fino allo schifo, fino al desiderio di finire ammazzato". Dal Molise all'inferno: è un viaggio "Tiro al piccione" di Rimanelli. Allucinato e morboso, fetido e immondo, misero e vero. E' un' odissea tra pagliacci eretti in balcone, vili impettiti in divisa, cadaveri lerci nel fango; tra deliri proclamati alla piazza, canti ululati alla luna, fiati marciti alla morte; tra patrie che vestono a eserciti, assassini ammantati ad eroi, uomini che si scoprono bestie. "Siamo carne bruciata. Siamo malati, ma la malattia non è nostra, non ci appartiene. E con questo male hanno rimpastato le nostre coscienze e ci hanno vestiti di stracci. Hanno raccolto la polvere antica e ce l'hanno buttata addosso, e di noi hanno fatto le nuove legioni, ci hanno riempito la bocca di canti e ci hanno detto di andare. Andare! Ma andare dove?". E tornare. Tornare dove, tornare quando, tornare perchè. Se si ha la vista impastata di sangue, la carne insensibile al tocco, l'anima sopravvissuta per colpa. Se si ha voglia di piegarsi nel grembo e di sparire nel nulla. Di rimaner fissi, immobili, chiusi. In attesa soltanto del proprio silenzio.

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