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«L’ideale meritocratico non è un rimedio alla disuguaglianza; è una giustificazione della disuguaglianza.»
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Michael Young, nel coniare il termine “meritocrazia” a fine anni ’50, ne intravide anzitempo l’arbitrarietà etica e la palese ingiustizia. A questo e a quanto avvenuto negli Usa nei decenni seguenti si riallaccia Sandel secondo il quale, in una società divisa rigidamente in classi, dove dilaga una forte disuguaglianza e l’ascensore sociale è sostanzialmente bloccato, la retorica con la quale si sbandierano “merito”, “ascesa” e “opportunità” fa parte delle carte truccate dai benestanti che in questo modo tramandano i propri vantaggi ai figli, e la meritocrazia altro non è che un’aristocrazia ereditaria che spesso disgrega il tessuto sociale. Da un lato genera superbia in chi si afferma e dall’altro umiliazione in coloro che arrancano nella scala sociale e che accumulano frustrazione e risentimento, così da renderli facile preda dei populismi e di un pensiero semplificato; lo dimostrano la Brexit e più ancora l’elezione di Trump. L’ossessione meritocratica – ribaltata nell’ultimo capitolo che propone una diversa ipotesi – poggia sulla tesi secondo cui oggi il prestigio sociale è in proporzione al reddito individuale (e non al contributo al bene sociale), dunque l’unico obiettivo dell’istruzione universitaria – come viene inculcato nelle menti degli studenti privilegiati e dei loro genitori, e in fondo il nucleo del “sogno americano” – è quello di sgomitare per ottenere accesso ad alti livelli di benessere economico. E alla fine nel lettore può affermarsi l’idea che bisognerebbe mettere in discussione non tanto la meritocrazia ma la società classista nel suo insieme.
Michael Sandel (1953) è un filosofo statunitense. "La tirannia del merito" (2020) nonostante l'intrigante titolo e l’argomento trattato lascia perplessi per il minimalismo e le banalità. Altri hanno detto meglio e con meno parole (il libro è occupato anche da 35 pagine di note e 16 per l’indice analitico). Il confronto con l’ottimo “Contro l’ideologia del merito” Mauro Boarelli e, soprattutto, con il discorso di Papa Francesco, del 27 maggio 2017, agli operai dell’Ilva di Genova, è decisamente a sfavore dell’opera di Sandel. “Questo modo meritocratico di pensare genera atteggiamenti crudeli verso coloro che patiscono la sfortuna. Più acuta è la sofferenza, maggiore il sospetto che la vittima se la sia procurata.” E ancora: “Più consideriamo noi stessi come individui che si sono fatti da sé e autosufficienti meno è probabile che ci preoccupiamo per il destino di quanti sono meno fortunati di noi”. Il sogno americano si sgretola, anche se questi argomenti li aveva descritti con meno parole e più chiaramente, oltre cento anni fa, il filosofo Friedrich Nietzsche. “Nessun vincitore crede al caso”.
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