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la storia di un cane, anzi, di un bastardo, esageratamente intelligente (quando si dice, gli manca solo la parola), che vive per 7 anni fianco a fianco con il suo padrone-barbone, poeta scapestrato devoto a santa claus, logorroico ubriacone, fino alla sua (prematura?) dipartita. a quel punto, dovrà cavarsela da solo. nella speranza di raggiungere presto timbuctù, e ricongiungersi così al suo vecchio padrone, in quella terra dove uomini e cani parlano la stessa lingua. questo scrittore è troppo. non puoi innamorarti dei suoi personaggi dopo 2 facciate. ogni volta. è troppo, ecco. al contrario di mikkamilla, ho letto solo questo e mr vertigo di auster.. e quest'ultimo è uno dei libri più belli che abbia mai letto.
QUESTO E' IL PRIMO LIBRO CHE LEGGO DI PAUL AUSTER. SECONDO ME E' RIUSCITO BENE,FORSE MOLTE PERSONE SI ASPETTANO IL SOLITO ROMANZETTO SUI CANI PER QUESTO NON SANNO APPREZZARLO.LINGUAGGIO SCORREVOLE TRAMA INTERESSANTE.VOTO 3/5
Il libro non è brutto ma, sinceramente, dai commenti entusiastici di un mio amico mi aspettavo di più. Le idee ci sono ma potevano essere sviluppate meglio...non convincono il lettore.
Recensioni
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scheda di Bajani, A. L'Indice del 2000, n. 03
Sulla natura di Timbuctù Mr. Bones sa poco o niente, solo qualche frase sibillina snocciolata da Willy en passant e frullata in uno dei suoi confusi e interminabili discorsi di poeta maledetto e infaticabile clochard. A ogni modo, è proprio lì, in quell'"isola dello spirito", in quel luogo sperduto "dove termina la carta geografica di questo mondo" che Willy G. Christmas un bel giorno se n'è andato, lasciando il fedele quadrupede Mr. Bones a sfangarsela da solo su una terra che ai cani pare essere un po' ostile. Anomalo mix di narrativa per ragazzi e racconto filosofico con azzardate puntate metafisiche, il nuovo romanzo di Paul Auster, Timbuctù, tradotto a pochi mesi dalla sua uscita statunitense. Sembra che l'autore della Trilogia di New York (1985-86; Einaudi, 1996) abbia ripreso un discorso interrotto nel 1994 con Mr. Vertigo (Einaudi, 1995), quando, lasciati da parte i concettualismi dei libri precedenti, si era messo a raccontare di un bambino, Walt, che, con l'aiuto di un fantomatico Maestro Yehudi, impara a volare. Nel romanzo Walt e il Maestro un bel giorno si spacciano per padre e figlio ("Buck era il cognome prescelto: lui era Timothy Buck e io Timothy Buck Secondo, o anche Tim Buck One e Tim Buck Two"). Poi la storia prosegue. Ma quel Tim Buck Two rimane lì, e cinque anni dopo Paul Auster scrive un libro che sembra partire proprio da quella paternità assunta per sorte o per gioco. Maestro e bambino prodigio lasciano la pagina al poeta e al cane vagabondo, così come alla morte del Maestro si sostituisce quella di Willy, e il Mr. Bones di Timbuctù e il Walt di Mr. Vertigo finiscono per condividere lo stesso destino di abbandonati alla propria esistenza. Auster abbandona il fantastico della levitazione ma lascia che tutto il romanzo sia, fiabescamente, narrato dal cane. Mr. Bones è una figura favolistica di quadrupede ultraintelligente "sprovvisto soltanto di parola", e il romanzo è la storia di un'amicizia e di un tragico abbandono, quello di Willy, che parte, morendo, alla volta della leggendaria Timbuctù, sorta di isola edenica situata nell'altrettanto leggendario "mondo dopo". Mr. Bones, rimasto solo, si mette in viaggio, e dopo un paio di adozioni andate male si ritrova nuovamente sulla strada che lo condurrà, finalmente e fatalmente, a Timbuctù. Paul Auster, come sempre, confeziona un romanzo da divorarsi in un paio d'ore, con atmosfere da favola e ammonimenti sulla spietatezza della vita, con tanti sentimenti e un senso latente di disperazione a cui sono destinati gli individui che non accettano di conformarsi agli agi di una vita borghese. Questa volta, però, nonostante le belle atmosfere alla Tom Sawyer e i discorsi edificanti dei due amici, la storia è un po' stanca e con poca verve. E forse con qualche moralismo di troppo.
(A.B.)
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