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Sulla sua montagna di Yarlung discese un Re divino, per mezzo di una corda celeste, unì sotto il suo comando il Tibet e ne fece un regno potente e agguerrito temuto persino dal grande e solido Impero cinese, a tal punto che per scongiurare il pericolo una graziosa e nobile principessa cinese venne offerta in moglie a uno dei suoi successori. E' da quel momento che il Buddhismo cominciò a penetrare in Tibet e ad affermarsi sempre più ampiamente, conquistando il cuore del suo popolo estremamente determinato, abile e laborioso, disposto a compiere pericolosi e ardui viaggi e a sostenere secoli di studio e approfondimento per possederne a fondo la dottrina. Dopo la caduta della monarchia il Buddhismo si estese a macchia d'olio sull'intero paese, ramificandosi in diverse Scuole e Ordini, e amalgamando in sè la tradizione tibetana originaria, in modo da divenire qualcosa di assolutamente unico e originale, dotato di forza tenace e di principi profondi, sentito da tutto il popolo come la propria ragione di vita, a un punto tale che persino le dominazioni straniere da parte dei mongoli e dei cinesi della dinastia Manciù lo lasciarono quasi indifferente. Le costruzioni, le opere d'arte, le sculture, i dipinti, le produzioni letterarie, erano tutte permeate dall'ideologia buddhistica, e anche in campo politico erano le autorità dei grandi monasteri che dirigevano lo stato. Questo non impediva tuttavia ai tibetani di essere un popolo aperto e disponibile verso i visitatori stranieri e le tradizioni diverse dalla loro. Solo i contatti con il mondo moderno li spinsero a chiudersi in se stessi e a respingere qualsiasi interferenza straniera; nell'isolamento in cui si vennero a trovare furono colti completamente alla sprovvista dall'invasione della Cina rossa e nessuno stato intervenne in loro difesa, cosicchè questo paese si trova ora sul punto di perdere tutto ciò che resta della sua civiltà, con il pretesto dell`introduzione del benessere moderno.
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