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Prigionieri speciali per un lavoro speciale. Senza avere,come tutti gli altri deportati potuto decidere in che Lager essere imprigionati e quale lavoro svolgere all'interno di esso, erano addetti al lavoro piu' inumano di tutto il campo, erano gli addetti alle camere a gas e ai forni crematori. Questi prigionieri avevano una scadenza al termine della quale subivano lo stesso trattamento speciale. Sono pochi i sopravvissuti di questi Kommandi di lavoro, e da uomini liberi, coscienti del lavoro svolto in Lager, in loro non e' rimasta nemmeno l'illusione della non colpevolezza. Un libro crudo che testimonia come si svolgeva il processo di sterminio di massa e come i nazisti, tentarono inutilmente di nascondere agli occhi del mondo le prove di questo enorme crimine.
Recensioni
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Come si può parlare di quel cono d'ombra dove tutto si smaterializza? Soprattutto, come lo si può far parlare? Qual è la lingua, quali sono le parole, la sintassi, la grammatica dell'annientamento? Soprattutto, se ne deve parlare? Così posti, parrebbero quesiti da bassa cucina letteraria, consegnati all'esercizio di un qualche retore che intenda esercitarsi sul nulla. E del nulla, per l'appunto, si sta parlando. Del nulla umano ingenerato dall'uomo stesso. Saletti, studioso del genocidio ebraico, da molti anni ormai lavora con sistematicità su quel segmento della vicenda concentrazionaria che è costituito dal Sonderkommando, la squadra di internati addetti al compito, "speciale", di concorrere al funzionamento delle installazioni di morte, ovvero allo smaltimento dei cadaveri prodotti dalle camere a gas e consegnati ai forni crematori. Già aveva pubblicato i manoscritti miracolosamente scampati alla medesima distruzione capitata in sorte ai loro materiali redattori. Dei poco più di duemila ebrei che avevano fatto parte di queste squadre della morte, circa un centinaio sopravvisse in qualche modo, per caso e per fortuna. Isolati dai loro compagni di prigionia, quotidianamente comandati al "trattamento" dei cadaveri di questi, ne subivano poi la stessa sorte una volta conclusosi il loro ciclo di prestazioni. Ora Saletti ci consegna, debitamente tradotte, le deposizioni di tre sopravvissuti, Feinsilber, Dragon e Tauber, rese dinanzi alla Commissione d'inchiesta polacca. Tre testimonianze fotografiche, agghiaccianti nella loro cristallinità. A esse si accompagna un'ampia messe di dati, cronologie e un'utile bibliografia in un libro curato nei contenuti come nella forma.
Claudio Vercelli
Tra l'ottobre 1944 e il gennaio 1945, con lo smantellamento dei quattro crematori e delle annesse camere a gas si chiudeva l'ultima fase del genocidio ebraico attuato ad Auschwitz. Collocate all'estrema periferia di Birkenau, nei due anni precedenti le istallazioni avevano costituito un centro di messa a morte seriale, ove centinaia di migliaia di deportati ebrei, condotti da ogni angolo dell'Europa, erano stati deliberatamente privati dell'esistenza. Il Sonderkommando come era chiamata la squadra speciale addetta alle istallazioni era la parte di quella "linea di produzione". Isolati dal resto dei deportati, i prigionieri dei crematori avevano condotto la loro precaria esistenza al cospetto della distruzione della propria gente e di quanti, secondo il criminale disegno coltivato dal nazionalsocialismo, dovevano scomparire. Dei poco più di duemila ebrei che ne avevano fatto parte, un centinaio sopravvisse fortunosamente alla fine del campo. Alcuni di loro ebbero la forza di raccontare al mondo quanto avevano visto e vissuto. Già nelle settimane successive alla liberazione del campo, Alteer Feisilber, Sclomo Dragon e Henryk Tauber, ebrei polacchi immatricolati ad Auschwitz tra il marzo 1942 e il gennaio 1943, resero al loro testimonianza davanti a una Commissione d'inchiesta polacca, consegnando un inappellabile atto d'accusa per i crimini commessi nella fabbrica della morte. Per la prima volta tradotte in lingua italiana, le tre deposizioni sono qui raccolte e corredate da un ampio commento storico-documentario sulle strutture omicide di Auschwitz-Birkenau.
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