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Questo saggio ha come oggetto specifico l'ultima opera di Sebastiano Castellion umanista che ebbe in Calvino e nel suo coadiutore Teodoro di Beza accesi avversari.Il manoscritto, custodito dal 1563 nella Biblioteca dei Rimostranti di Rotterdam e pubblicato per la prima volta nel 1937, porta il titolo De arte dubitandi et confidendi, ignorandi et sciendi; la definizione di 'Testamento dottrinale' allude al carattere dell'opera, che riunisce e completa le dottrine contenute nei precedenti scritti di Castellion riguardo ai temi della fede e della tolleranza religiosa, e soprattutto alla predestinazione e al libero arbitrio, in radicale polemica con il determinismo di Calvino. Quasi presago della morte prematura e frastornato da conflitti e lotte religiose fratricide, Castellion intende portare a compimento le proprie convinzioni teologiche e filosofiche relative all'ispirazione, all'autenticità e alla verità delle Scritture, e presentare un nuovo criterio ermeneutico in grado di dirimere i contrasti fra disamine esegetiche diverse. Malgrado la distribuzione disordinata degli argomenti, che riflette la difficile condizione del Riformato, insidiato dai suoi avversari, egli si esprime con una certa chiarezza sulla giustificazione e sulla salvezza, accogliendo, tuttavia, elementi di natura razionalistica: si pensi alla fede non più ritenuta dono di Dio, o alle dottrine sulla SS. Trinità e sull'Eucaristia, escludenti, in entrambi i casi, la dimensione soprannaturale. Nella sua frettolosa stesura, forse neppure ultimata, il 'Testamento' consente di ricostruire la scomposta evoluzione delle dottrine castellioniane, che preludono all'imminente avvento del protestantesimo liberale e denunciano i gravi conflitti che tormentarono l'autore fino alla morte prematura, avvenuta a soli 48 anni.
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