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Anno edizione: 2004
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recensione di Coletti, V., L'Indice 1995, n. 7
"Il terzo suono" è il resoconto di un'indagine che il narratore, un funzionario di polizia, fa sulla fine misteriosa di un ricco villeggiante, in Sardegna. L'inchiesta scava nell'ambiente dei turisti facoltosi e viziosi, colla loro corte di equivoci intrattenitori locali, i pettegolezzi scontati, la fatuità mal dissimulata. E sfiora persino la figlia del poliziotto, una ragazza silenziosa, segnata dall'ombra di un tentato suicidio, teste preziosa e imbarazzante a scarico di uno dei principali sospettati. Il padre, cosi, indagando sul delitto, deve riprendere coscienza di questa figlia le cui inspiegate assenze preferirebbe non chiarire. È anche per questo che la ricerca non produce un vero colpevole, ma un "terzo suono", la molteplicità degli autori e degli attori di ogni vicenda, la sovrapposizione casuale dei destini, l'inestricabilità degli individui dal ginepraio di rapporti, di abitudini in cui si svolge la vita di ognuno.
Questo libro può essere un'occasione buona per riflettere sulla recente fortuna del giallo come forma del romanzo. Leggendo "Il terzo suono" in effetti viene subito in mente Sciascia e non si può non pensare come siano "gialli" alcuni tra i più bei romanzi recenti: penso ad esempio a quelli di Montalb n o al "Senso di Smilla per la neve" di Hoeg. Il "giallo d'autore" sembra infatti essere diventato la forma attraverso la quale il romanzo rivitalizza l'antica vocazione sociologica a fotografare la realtà. La trama serrata del poliziesco sorregge così un sistema narrativo semplificato e avvincente, per esplorare degli ambienti (come fa Montalb n), il potere e la mafia (come in Durrenmatt o in Sciascia), una società (quella svizzera in Glauser o quella danese in Hoeg), ecc.
Ma la caratteristica basilare del giallo tradizionale è quella di dare per preliminarmente definita e quindi sostanzialmente immodificabile (da qui anche la sua ripetibilità) la figura del (narratore) investigatore. In questo modo, l'inquirente può scovare segni del suo stesso passato, immagine rapporti perduti della sua vita, ma non crearne di nuovi, non può, cioè, narrativamente cambiare. Insomma, può precisare e rivelare a se stesso quello che è stato, ma non essere diverso da come lo vediamo fin dalle prime battute. Ora, però, ci imbattiamo anche in gialli meno canonici, in cui si punta a svelare prima di tutto proprio il personaggio che racconta e a coinvolgerlo nella vicenda, lasciando che lo svelamento del delitto modifichi narrativamente e faccia crescere proprio l'investigatore. Si tratta allora di investigatori "deboli", funzionari, come questo di Mannuzzu, non già di polizia ma della letteratura, che sta forse cercando nel poliziesco una variante del vecchio romanzo psicologico, dopo aver già trovato in esso un buon sostituto di quello sociologico.
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