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Tra Calena e Morutri v'è una libera terra, coltivata dal vento, custodita da Dio. Piana di polvere e sassi, di bestie seccate, di spiccioli verdi. Forca e giaciglio per viandanti pezzenti e contadini a giornata. Tra Calena e Morutri vi sono nobili mura in disarmo, increpate dal tempo, ammuffite a silenzio. Son dimora per amplessi laidi d'incesto, vagheggi d'orgoglio e commemorazioni del vuoto. Tra Calena e Morutri s'affannano a vita un hidalgo che è "capra del diavolo", un' amante che è consorte devota, una moglie che è casta sprezzante. Ed ancora: infernali crociati in talare e missionari spogli e divini, carni sacre in puttana ed infette voglie di dama, camicie d'un nero assassino e pallidi sconfitti in partenza. Tra Calena e Morutri s'agita Luca Marano, "figlio di Giuseppe", anima d'uomo in corpo di toro, cresciuto tra cicche di carta giornale e farina fritta con aglio, camini ingrommati di fumo e libri sepolti alla croce, contadine disfatte dai parti ed incalliti piegati a speranza. E' la sua storia "Le terre del Sacramento" di Francesco Jovine. La sua e "quella di Gesualdo, del canonico, di Ferdinando". La sua e quella degli studenti che a Napoli tanfano terra in seduta d'esame, degli uomini pagati a cipolla e disprezzo, delle donne martoriate a rosario e vergogna. La sua e quella di tutti coloro che son nati giusti in un tempo sbagliato, sfregiato d'incolmabili abissi: tra la memoria e la storia, il favore e il diritto, la giustizia e la legge.
Qual'è la differenza tra la bestia da soma e il "cafone" di Jovine? Tra la ruvida durezza della pietra e i calli delle mani sformate dei contadini molisani? "Le terre del Sacramento" accentua la sovrapponibilità delle similitudini, che si inscrivono reciprocamente senza margini. La dura esistenza del proletariato rurale italiano del primo dopoguerra é mirabilmente rappresentata da Jovine, con gaia destrezza descrittiva. Uomini, donne, vecchi e bambini sono scolpiti nella roccia, selce che però presenta fenditure di profonda umanità. L'Italia ferita e abusata vive l'onda di reflusso nazionalpatriottica. La rivoluzione fascista é alle porte, annunciata dai canti, dalle manganellate, dagli omicidi impuniti. Luca Marano, fulgido protagonista del romanzo, statuario esemplare umano fatto di pietra e sangue, si immolerà per un principio di giustizia sociale antico come il mondo: il diritto alla sopravvivenza. Mamma Marano, sobria mater dolorosa, ci fa rivivere le immagini, purtroppo dannatamente attuali, degli scempi di giovani innocenti offesi dalla violenza del nostro tempo. Ottima penna neorealista quella di Francesco Jovine.
Concordo, ma Jovine non parla dell'Abruzzo, bensì del Molise...
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