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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2014
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Capolavoro assoluto del Novecento, "The waste land" è la precaria ricerca di un senso che Eliot cerca di opporre allo sfacelo della prima guerra mondiale e della cultura occidentale. È un'opera da sfogliare continuamente, rileggere, imparare a memoria, sondare, perchè nasconde in ogni verso un significato riposto, uno sbocco possibile che apre nuove strade, o un vicolo cieco da cui rifuggire, come in un immenso labirinto. Allora ci trasformiamo in cavalieri e attraversiamo una desolata terra guasta, ingombra delle macerie dello spirito e dello storia, alla ricerca spasmodica di un Graal che sani ogni nostra ferita e ci restituisca una dimensione salvifica. All'orizzonte intravediamo la cappella vuota, che è tuttavia dimora di solo vento. Ci sembra di aver fallito; siamo sconfitti; quando d'improvviso stormisce un'aria tutta nuova da oriente apportatrice di pioggia; poi tre DA tuonanti ingombrano il cielo e ci consegnano i nostri 3 nuovi comandamenti. Siamo salvi? Se sì, cosa ci ha salvati? Una nuova dimensione religiosa? Una nuova etica umana? O forse più semplicemente la fantasia, l'immaginazione, i frammenti di poesia con cui Eliot ha puntellato il suo poemetto, le sue rovine, quelle dell'Europa, le nostre stesse rovine? "These fragments I have shored against my ruins". Siamo anche noi pazzi di nuovo come Hieronymo, ma forse siamo salvi, ecco giunta la pace che sorpassa l'intelligenza.
Come dice il titolo, la terra descritta da Eliot è davvero desolata, arida e brulla. Una terra sconsolata, malata, resa in questo modo dall'infermità del suo re, ovvero il Re Pescatore. Una infermità che si estende alla terra, portandola ad essere terribile da lavorare e non più rigogliosa. E' una terra che non dona i suoi frutti: le radici sono spente e la terra è morta.
L'incontro è l'unità tra visibile e invisibile, commenta Hofmannsthal, è un invito a non intendere il servizio a Dio solo come servizio spirituale, pertanto costituisce un richiamo contro il rischio di una riduzione spiritualista della fede. Allo stesso modo Eliot rifiuta un cristianesimo ridotto a spiritualismo, soluzione suicida sia per il corpo sia per lo spirito, e in questi quartetti ritorna alle fonti evangeliche della meravigliosa carnalità della vita divina, secondo la quale la trascendenza è sostanza primaria e unica realtà creata. Questo libro è pieno di riferimenti metaforici e riprende le teorie di Blake sotto certi aspetti. Vi consiglio di leggerlo per scoprire un poeta molto sensibile allo sguardo della vita nei Quartetti, visto con gli occhi dell'unità ritrovata, musica interiore che fluisce come un balsamo. Un libro curativo.
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