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Lo scrittore olandese Arnon Grunberg, fin dal suo esordio con Lunedì blu (1994), ha una lunga esperienza nel descrivere uomini soli che cercano un po’ di senso nella vita attraverso il contatto – desiderato e respinto al tempo stesso – con figure di donne che, quasi sempre, si trovano in posizione di debolezza rispetto a lui. Anche Terapie alternative per famiglie disperate (il titolo italiano un po’ catchy non rende giustizia al tono del romanzo, sarebbe stato meglio il più sobrio Uomini perbene originale – certo, poi i libri bisogna anche venderli) si inserisce in questa ossessione dell’autore. Otto Kodeke, il protagonista, è uno psicologo specializzato nella prevenzione dei suicidi. Va a spesso a visitare l’anziana madre, accudita da due ragazze badanti di origini nepalesi. Kodeke sa che finché loro si prenderanno cura della donna, e lui si occuperà di gestire le due dipendenti, la vita resterà aggrappata a se stessa, non si trasformerà in morte. Ma un giorno Kodeke fraintende una situazione, forza un contatto fisico con una di queste ragazze. Lei non si sottrae: “Una parola lo investe come una pugnalata: colonialismo. Questo è colonialismo, o ciò che ne rimane: postcolonialismo. Lui, che ha accettato il fallimento dell’uomo, ha tentato – seppur in misura limitata – di riformare la società perché le persone potessero fallire senza causare troppi danni. E ora è nel bagno di sua madre come un medico tropicale, un colono nel proprio Paese, che si prende ciò di cui ha bisogno, forse l’unica definizione corretta di colonialismo: prendersi ciò di cui si ha bisogno”. Dopodiché lei, furiosa, lo fa pestare dal fidanzato e gli scatena contro l’intera comunità cui appartiene. Segue per Kodeke il prevedibile tornado di disavventure, situazioni assurde e rivelazioni. Di romanzi (e film, e serie tv) che descrivono i gesti incoerenti di persone che vivono nell’autoinganno, che credono di avere puntellato la propria vita tramite una solida struttura e invece non sanno nemmeno perché compiono le loro ridicole azioni, è pieno il mondo delle idee. Ma Grunberg riesce ancora a trovare quel confine tra lo humour e la disperazione, tra il realismo e l’orrore umano, che rendono i suoi romanzi migliori piccoli capolavori. A certi autori è permesso ripetersi, e Grunberg è uno di questi.
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